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  • Caso Santoriello e gli altri, l'odio fa curriculum. Ma ci sono anche leggi non scritte

    Caso Santoriello e gli altri, l'odio fa curriculum. Ma ci sono anche leggi non scritte

    • Omar Savoldi
    Tutti noi sappiamo che le norme legali sono fondamentali, sappiamo anche, però, dell'esistenza di leggi non scritte. Il rispetto, la decenza, il buon gusto non stanno scritti nei vari codici di procedura civile o penale, non sono soggetti a tribunali, collegi, procure. Sono semplicemente l'essenza, il collante che determina la qualità del vivere civile. Queste leggi non scritte non vanno mandate a memoria, assorbite e fatte proprie. Sono frutto di educazione, apprendimento, emulazione, cultura e dovrebbero trovare in certi rappresentanti istituzionali i loro riferimenti primari.
    È questo, forse, un altro vulnus della vicenda Santoriello e Collegio di Garanzia del CONI. I magistrati dovrebbero essere super partes, non solo quando rivestono un ruolo giudicante, ma anche quando siano protagonisti di indagini o inchieste. Certo il loro ruolo è normato per legge, ma ci sarebbe anche un dovere non scritto, ovvero quello di tenere un comportamento esemplare a conforto delle istituzioni. In caso contrario, le istituzioni non ci fanno una bella figura, e Dio sa se ne avrebbero bisogno.
    Le espressioni più che inopportune del Dr. Santoriello, i tweet beceri di alcuni membri del Collegio di Garanzia del CONI contro una squadra, una persona, una famiglia sembrano intonati maggiormente a un bar di tifosi o a una curva di ultras. E allora la domanda sorge spontanea: ma perché i magistrati in questione non sono stati richiamati a più miti consigli, non sono stati avvertiti che così avrebbero svilito le istituzioni di cui sono parte e messo in forse la credibilità del proprio ruolo?
    Se partissimo dalla considerazione che indipendenza (dei poteri) non significa automaticamente licenza e che la magistratura ha troppo spesso confuso questa indipendenza con il corporativismo la prenderemmo troppo da lontano. Qui, ci limitiamo a dire che il rimedio, sia nel caso Santoriello, sia nel caso del Collegio del CONI, è stato peggiore del male. Per quanto riguarda il Pm di Torino il Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati Dr. Giuseppe Santalucia s'è affrettato a dichiarare che non solo il Dr. Santoriello non è ricusabile “anche se, per gravi ragioni di convenienza i Pm hanno il dovere di astenersi”. In questo caso, poi, si tratta di un'inchiesta “importante”, frutto di “un lavoro di squadra”. Mah! Siccome è un lavoro di squadra se un membro della squadra sbaglia resta al suo posto? E poi chi decide di astenersi o meno: la coscienza del Pm o un suo superiore? Insomma questa non ricusabilità sembra, a prima vista, ballerina. Per “assolvere” poi il magistrato napoletano in questione da espressioni dichiaratamente dettate dall'odio il Presidente dell'ANM fa peggio: eleva l'odio a categoria praticabile nello sport, in particolare nel calcio. Come lezione di educazione civica non c'è male.
    Anche al CONI, un altro pasticcio forse peggiore. È possibile annoverare tra i propri giudici persone che si permettono di dileggiare e insultare una squadra e i rispettivi presidenti? Ripetiamo non sono persone qualsiasi, non sono tifosi, ma certo se si considera l'odio come requisito accettabile chi ci toglie dalla testa che sia anzi un elemento in più per fare curriculum? Si dice che gli odiatori da tastiera del CONI non faranno più parte del Collegio chiamato a giudicare il ricorso della Juventus. Ma perché? Cosa hanno fatto di male? L'odio è sdoganato, l'insulto permesso e la carriera garantita. O no?

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