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Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno potremmo coltivare almeno la speranza che tutte le tegole cascate sulla Juve ultimamente (l'inchiesta Prisma e le conseguenti penalizzazioni inflitte dalla Procura sportiva, Pogba, Fagioli) servano a compattare squadra e società. In questo senso, l'emergenza potrebbe essere d'aiuto a far uscire da un eccesso di dilemmi e timori.

Quindi, aumento di concentrazione e più coraggio perché non è il momento di fare troppi calcoli. Non è il momento del bilancino e del braccino (corto). Si è detto che Allegri è un allenatore da giocatori formati. Può darsi. Questo farebbe capire il suo eccessivo paternalismo, che andrebbe di conserva con l'idea d'un calcio semplice, poco studiato e deregolato, da lasciare quasi del tutto agli interpreti in campo. Perciò con quest'impostazione, i calciatori dovrebbero essere forgiati dall'esperienza oltre che dal talento. Ma non sempre bastano età e tecnica perché l'allenatore deve saper valutare la qualità dei giocatori. Ce lo ha ultimamente ricordato Pirlo che scelse la Juve proprio per dimostrare al Milan e al suo allenatore di allora, Allegri, di non essere affatto finito. Si sa come andò.

Il difetto, tutto italiano, di diffidare dei giovani calciatori, alla Juve si amplifica. Sarebbe invece l'ora d'impegnarsi a non fare sentire - si ripete da troppo tempo - “il peso della maglia” e di non cedere al timore di “bruciare” i potenziali talenti. In una parola: sdrammatizzare.

Come indossano un'altra divisa i “giovani” bianconeri sembrano risorgere: vedi Soulé, vediWeah, vedi De Winter. Iling Junior, invece, non lo possiamo vedere perché non viene mai sciolto: sta sempre al guinzaglio.

Si spera che, con la rosa ridotta, si faccia di necessità virtù e si sia costretti ad avere un po' di coraggio. Senza scelta, anche Don Abbondio lo troverebbe.