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    Calciopoli, Giraudo si appella alla Corte europea dei diritti dell'uomo

    Calciopoli, Giraudo si appella alla Corte europea dei diritti dell'uomo

    Sono passati ormai quattordici anni, dall'estate del 2006 che consegnò i mondiali all'Italia e Calciopoli alla storia. Uno scandalo che ha avuto ripercussioni sul calcio italiano, a prescindere dai torti e dalle ragioni, come solo una bufera di quella portata avrebbe potuto fare. Oggi, come detto quasi tre lustri dopo, non sembra essere ancora finita.

    Come riporta l'agenzia Lapresse, infatti, Antonio Giraduo, ex dirigente della Juventus sospeso a vita proprio dopo Calciopoli, si sarebbe rivolto alla Cedu, la Corte europea per i diritti dell'uomo, sostenendo come lo Stato italiano abbia violato l'articolo 6 della Convenzione. Secondo Giraudo, l'Italia ha consentito alle federazioni sportive la creazione di giurisdizioni disciplinari non "precostituite per legge", che hanno lasciato al ricorrente e ai suoi avvocati soltanto 7 giorni per predisporre le difese, lasso di tempo che non sarebbe sufficiente neppure per una semplice lettura di un fascicolo di oltre 7000 pagine.

    Le accuse, però, non finiscono qui. ​Infatti, tra le violazioni, vi è anche l'aver sottoposto le giurisdizioni disciplinari al presidente della FIGC, al quale però era anche sottoposta la procura, ovvero l'organo che ha istituito e portato avanti l'accusa. Insomma, dalla posizione di Giraudo, si sostiene che lo Stato abbia permesso alla Federazione di giocare con i piedi in due scarpe e quindi di aver violato i diritti del cittadino, risultando sia giudice che accusatore. Ora la palla quindi passa alla Cedu, che avrà il compito di verificare eventuali violazioni, ma anche di decidere se sia stata violata anche la "durata ragionevole" del processo, finito dopo oltre tredici anni.
     

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