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    Vlahovic di nuovo titolare. Ma Tudor non lo aspetterà per sempre: il piano

    Vlahovic di nuovo titolare. Ma Tudor non lo aspetterà per sempre: il piano

    • Cristiano Corbo
    Il calcio, a volte, è un gioco di attimi. Un preciso istante che può fare la differenza tra il successo e l’oblio. Dusan Vlahovic ha vissuto questa sensazione più volte nel corso della sua carriera. E ora, la sua occasione è di nuovo arrivata, come un vento che soffia all’improvviso e spinge in avanti, ma solo se hai il coraggio di sollevarti e correre.

    Dopo l’occasione mancata contro il Genoa, Vlahovic si trova di fronte a un bivio: un’altra possibilità dal primo minuto, ma con un avvertimento chiaro. Nessun passaggio garantito, nessuna fiducia a prescindere. Il suo allenatore, Tudor, non è il tipo di tecnico che concede qualcosa senza che venga guadagnato. Ogni giocatore è sottoposto a una valutazione continua, e Vlahovic lo sa bene. Quella prestazione deludente contro il Genoa non è un lontano ricordo, ma un monito. Ora, il centravanti serbo è chiamato a una risposta.

    Vlahovic di nuovo titolare a Roma


    Ogni grande giocatore sa che le occasioni non si ripetono all’infinito. E Vlahovic, che ha già dimostrato il suo valore in passato, lo sa più di tutti. Non è più il giovane sconosciuto che ha sorpreso la Serie A con la sua potenza e precisione sotto porta. Ora è un nome, un simbolo, un attaccante che deve sapersi rialzare nei momenti di difficoltà. Non c'è tempo per piangersi addosso, non c'è spazio per la lamentela. La sua risposta dev'essere sul campo, nei minuti che lo separano dal fischio d'inizio.

    Tudor, da parte sua, non sembra disposto a regalare nulla. La sua filosofia di gioco, ferma e rigorosa, non ammette eccezioni. “Non c’è posto per l’indulgenza”, sembra dirci ogni volta che si presenta davanti alla squadra. La competizione è alta, il livello di preparazione e di concentrazione richiesto non ammette incertezze. E in questo scenario, Vlahovic è costretto a dimostrare di essere all'altezza. Non solo in quanto talento, ma come uomo di squadra, come leader che sa gestire la pressione e che sa rispondere quando l'attesa si fa più intensa.

    Il campo, in fondo, è un luogo di verità. E le parole non bastano mai, come il gol che manca da troppo tempo. Da quel momento in cui, con il Genoa, avrebbe potuto incidere e invece ha lasciato il campo con l’amaro in bocca. Lì, l’occasione non è stata semplicemente persa: è diventata un appunto, un promemoria che il serbo porta con sé ogni volta che scende in campo. La sensazione di non aver dato tutto, di non aver espresso la sua migliore versione, è un peso che Vlahovic non può più permettersi di portare.

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