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    Lippi, Ancelotti e Capello. Cos'ha preso Tudor dal passato alla Juventus

    Lippi, Ancelotti e Capello. Cos'ha preso Tudor dal passato alla Juventus

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    "Non ho avuto allenatori scarsi", ha detto Igor Tudor con un sorriso. Una puntualizzazione quasi scontata, ma che sottolinea la Juventus che ha vissuto, quella che ha sentito dentro di sé attraverso ogni tecnico con cui ha condiviso il sogno bianconero. Il croato ha iniziato presto la sua seconda vita, quella da allenatore. In parte per colpa degli infortuni, in parte perché aveva sempre avuto le idee chiare sul suo futuro dopo il calcio giocato. Nella sua carriera ha avuto due grandi amori: la Juve, ovviamente, e l'Hajduk Spalato. Per la prima volta, da qualche giorno, può dire di aver realizzato il sogno di allenare entrambe le squadre che gli sono rimaste nel cuore.

    "Quando penso a lui, penso alla Juventus". Con queste parole si è chiusa la sua conferenza di presentazione. Il riferimento, inevitabile, era a Marcello Lippi, l'uomo che lo ha voluto in bianconero e che poi ha guidato la squadra in uno dei cicli più vincenti della sua storia. Tudor ha assorbito da Lippi la gestione del gruppo, la personalità nell'affrontare l'universo Juve e quella mentalità che non si sbiadisce mai, indipendentemente dall’andamento della stagione. Se vincere è davvero l’unica cosa che conta, un motivo c’è.


    Identità tattica e filosofia


    Il suo calcio, però, non è la copia di quello dei suoi ex allenatori. Non è un gestore del possesso alla Ancelotti, né un tecnico di vecchia scuola come Capello. Tuttavia, condivide con loro una convinzione fondamentale: "Senza giocatori forti non si va da nessuna parte". La difesa a tre richiama la scuola di Lippi, mentre l’utilizzo del trequartista ha qualcosa dell’Ancelotti juventino. Ma il vero marchio di Tudor è la mentalità. La grinta. Non segna gol, ma trasforma il carattere di una squadra e, con esso, il destino di una stagione.

    Tudor vuole essere se stesso: proporre un calcio moderno, intenso, aggressivo. Non a caso, ha subito chiesto alla Juventus ritmo e intensità. Il suo principio è chiaro: un’idea non si scinde mai dal tecnico che la propone, anche quando si adatta a un contesto diverso e a giocatori di qualità superiore a quelli che ha avuto in passato. Alla Lazio ha iniziato gradualmente, e a Torino potrebbe seguire lo stesso percorso. Ma una cosa non cambia: prima si sistema, poi si evolve.
     

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