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Lippi, Ancelotti e Capello. Cos'ha preso Tudor dal passato alla Juventus
"Quando penso a lui, penso alla Juventus". Con queste parole si è chiusa la sua conferenza di presentazione. Il riferimento, inevitabile, era a Marcello Lippi, l'uomo che lo ha voluto in bianconero e che poi ha guidato la squadra in uno dei cicli più vincenti della sua storia. Tudor ha assorbito da Lippi la gestione del gruppo, la personalità nell'affrontare l'universo Juve e quella mentalità che non si sbiadisce mai, indipendentemente dall’andamento della stagione. Se vincere è davvero l’unica cosa che conta, un motivo c’è.
Identità tattica e filosofia
Il suo calcio, però, non è la copia di quello dei suoi ex allenatori. Non è un gestore del possesso alla Ancelotti, né un tecnico di vecchia scuola come Capello. Tuttavia, condivide con loro una convinzione fondamentale: "Senza giocatori forti non si va da nessuna parte". La difesa a tre richiama la scuola di Lippi, mentre l’utilizzo del trequartista ha qualcosa dell’Ancelotti juventino. Ma il vero marchio di Tudor è la mentalità. La grinta. Non segna gol, ma trasforma il carattere di una squadra e, con esso, il destino di una stagione.
Tudor vuole essere se stesso: proporre un calcio moderno, intenso, aggressivo. Non a caso, ha subito chiesto alla Juventus ritmo e intensità. Il suo principio è chiaro: un’idea non si scinde mai dal tecnico che la propone, anche quando si adatta a un contesto diverso e a giocatori di qualità superiore a quelli che ha avuto in passato. Alla Lazio ha iniziato gradualmente, e a Torino potrebbe seguire lo stesso percorso. Ma una cosa non cambia: prima si sistema, poi si evolve.
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