UN PREGIO - “La tenacia, la fame che ho avuto sin da piccolo. Ho sempre creduto in me stesso e così sono arrivato fino alla Nazionale”.
L'INFORTUNIO AL GINOCCHIO - "Ho sempre pensato che se non mi fossi rotto il ginocchio oggi probabilmente non sarei qui. È stata una mazzata, ero nella fase più importante della mia carriera, stavo facendo molto bene all’Alessandria e si parlava a gennaio dell’interessamento di qualche club di Serie B. Ho dovuto fare i conti prima con la rottura del crociato e poi con il Covid, ma sono stato bravo perché ho sempre tenuto la testa collegata e sono tornato”.
LA PRIMA CONVOCAZIONE IN NAZIONALE - “Era il giorno prima di Juventus-Cagliari e il team manager mi ha dato la notizia. Quasi non ci credevo. Ho chiamato subito i miei genitori e mio padre mi ha detto ‘vabbè, andrai lì a fare il porta borracce’. Era contentissimo, ma voleva che rimanessi con i piedi per terra. Questa è una cosa che ho imparato bene da lui”.
SPALLETTI - "Con il mister c’è un ottimo rapporto, è un uomo di campo ed è bello avere a che fare con persone che hanno grande passione per questo sport. Lui ci chiede di giocare a pallone, come fa anche Thiago Motta, e di essere sempre disponibili con il compagno: questo lo abbiamo fatto vedere, soprattutto nelle ultime partite".
IL PRIMO GOAL IN AZZURRO - “È stato incredibile, lì per lì non ho esultato tantissimo perché temevo di essere in fuorigioco. Quando dopo il controllo VAR ho visto che l’arbitro indicava il centro del campo è stata un’emozione fortissima”.
EROI - “Da piccolo vedevo i calciatori come degli eroi, adesso essere l’idolo di qualcuno mi fa un certo effetto”.
OBIETTIVI - “L’obiettivo è quello di migliorare ogni giorno. Se tre anni fa mi avessero detto che sarei arrivato alla Juventus e in Nazionale non ci avrei creduto”.
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