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C'era una volta la televisione. Già, non tutti l'hanno abbandonata in questi ultimi anni, ma sicuramente in tanti, costretti come ora alla sedentarietà, hanno avuto modo di riscoprirla. Ormai, internet ha assorbito parecchio del tempo che prima dedicavamo alla TV, lasciandoci talvolta il retrogusto nostalgico di un passato che, nella memoria, conserviamo ben saldo al ricordo del tubo catodico che lo riproduceva. Insomma, specialmente per chi ama il calcio, il legame con la televisione, con i suoi appuntamenti fissi che ne scandivano la settimana, era qualcosa di simbiotico. Rai Mediaset faceva una differenza relativa, c'erano i partiti di Dribbling piuttosto che di Controcampo, ma quando si prova a ricordare i personaggi del tempo, ci sono icone che prescindono dai campanilismi. 

E Maurizio Mosca, scomparso dieci anni fa esatti, è stato uno di quelli che vanno ricordati. Il ricordo non per forza va associato al "era meglio prima". Personalmente, ma è un giudizio di un giovane progressista, sono contento della varietà di oggi, una varietà che forse, al tempo, mi avrebbe spinto a non guardare probabilmente quegli stessi programmi. Eppure, per quanto la mia opinione conti relativamente, sono contento di condividere un ricordo così nazional-popolare, così vintage, talvolta anche ai limiti del trash (chi mi contraddice, stia pronto a dare i propri dati, che scatta la denuncia, parafrasando lo stesso Mosca). Sono contento perché sono proprio questi ricordi collettivi uniscono le persone. Così, forse anch'io tra un paio d'ore, mi sintonizzerò su Italia 1 per lo speciale "Ricordando Mosca" (dalle 23.30). Forse, dopo tanto tempo, schiaccerò quel tasto sul telecomando che, anni fa, anche grazie a lui ero così contento di premere.
 

"Ahhh, come gioca Del Piero", uno dei tanti slogan dell'epoca che ancora ti ripeti in testa quando solo senti qualche assonanza, o vedi su YouTube un vecchio gol dello stesso Alex. Oppure, come scordare il pendolino, con Mosca in un calderone al centro dello studio, come se fosse la Melevisione. Non serve per forza l'arte senza tempo, per restare senza tempo. E quel tocco di passato, che ancora riesumiamo, resta vivo nel ricordo.