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    Bernardeschi: 'Ecco perché ho scelto il 33. Le pagelle? Non le guardo, sulle critiche social...'

    Bernardeschi: 'Ecco perché ho scelto il 33. Le pagelle? Non le guardo, sulle critiche social...'

    Federico Bernardeschi a cuore aperto. L'esterno della Juve si è raccontato in una lunga intervista concessa al canale tematico del club bianconero. Dagli obiettivi alle scelte di vita, l'ex Fiorentina ha toccato tanti temi: "Quando sei bambino il calcio è solo un gioco. E' un divertimento. Poi quando cresci, piano piano, capisci che puoi farne la tua professione e il tuo lavoro, ma la cosa importante, e direi che vale per tutti quelli che fanno della propria passione il proprio lavoro, è che siamo fortunati. Facciamo quello che ci piace tanto".

    QUANDO HAI CAPITO NON E' DIVERTIMENTO, MA E' LA MIA VITA - "È molto più naturale di quanto si possa pensare. E' tutto un succedersi di cose, quindi tocchi con mano che la tua passione è il tuo lavoro. È molto naturale come cosa, però ovviamente ci pensi".

    SEI UN ABITUDINARIO? -  "Sì, abitudinario. A colazione? Caffè amaro senza zucchero. Moka? No, ho le cialde (sorride). Però amaro assolutamente. Poi una bella colazione ricca di tutte le fonti di cui abbiamo bisogno, perché l'alimentazione è fondamentale nello sport e io ci tengo molto a questo. O almeno, io a queste cose tengo molto".

    CONSIGLIO A UN RAGAZZO? -  "Perfezionisti e maniacali? Assolutamente sì. O almeno dedicarsi al 100% alla propria passione e a ciò che si ama fare, che può essere il calcio o qualunque altra cosa. L'importante, però, è dedicarsi al 100% ed essere soddisfatti di quello che si fa. Ci vuole il sacrificio? Esattamente questo".

    SULLA CASA TORINESE - "Ce ne sono tanti. Io sono anche appassionato di arte, mi piace molto la street art. Mi piace perché l'arte è qualcosa che esprime emozione, gioia, e tutto quello che un artista vuole esprimere in quel momento e l'attimo dopo non c'è più. Quindi l'arte rappresenta a racchiude l'artista in quel momento preciso".

    SUI SUOI DUE CANI - "Quando vado all'allenamento che fanno? Stanno in casa e stanno benissimo. Si arrabbiano un po' quando vado via, soprattutto il maschio, Spike. Per esempio quando vado via non mi saluta. Sono due bulldog inglesi, io li amo perché sono buffi. Tu li vedi, faticano a fare tutto, non hanno voglia di fare niente. Si godono la vita, devi stimolarli anche per uscire".

    SUI VIAGGI - "Una volta li ho portati con me. Però mi dispiace tanto perché loro soffrono quando sono lontani da casa. Quindi ho trovato la soluzione: quando noi andiamo via c'è una signora che sta con loro, ormai sono affezionatissimi, stanno benissimo, e restano a casa loro in modo molto tranquillo. Così non gli creeiamo squilibri. Route 66, Disneyland, poi il mare. Sono tre anime diverse? No, l'anima è sempre una, la mia. Ci sono, però, circostanze. Due anni fa abbiamo avuto un periodo più lungo per fare le vacanze, quindi ho deciso di andare oltreoceano. Non sempre, però, si hanno tutti quei giorni. Ho fatto tutta la Route 66 in macchina, vedi dei posti incredibili e ci lasci un pezzo di cuore. Con la chitarra? Sì, suonicchiando diciamo (ride, ndr). Sto un po' imparando, ma la chitarra è bella quanto difficile e soprattutto quando sei all'inizio e perdi un po' la mano ci metti tanto a riacquistarla. Dovresti farlo tutti i giorni e io purtroppo non ho ancora il tempo. Sono ancora agli inizi, però ho iniziato subito forte con Wish You were here dei Pink Floyd. Ho voluto impararla subito perché è la mia canzone preferita e ci ho messo molto di più. A ma piace la musica bella, quando sento una canzone bella mi emozioni. Rock melodico? Assolutamente! Anche il jazz, il blues, poi quando mi appassiono alla canzone la ascolto finché non mi viene a noia e allora devo lasciarla lì per un mesetto e mezzo e poi la riascolto".

    SULLA SCARAMANZIA -  "No, non lo sono. Mi faccio il segno della croce perché credo molto in Dio ed è un po' come se mi accompagnasse in quel momento. A questo si lega anche alla scelta del tuo numero di maglia, il 33, giusto? Assolutamente sì. Da 29 a 10 a 33. Alla fine che numero sei? Non lo so. Icalcio ormai si è talmente evoluto che non si può stare più dietro a queste cose. Prima era tutto molto più definito, più schematico...".

    SULLE PAGELLE DEL GIORNO DOPO - "Sinceramente: no, non le leggo. Io credo fortemente in una cosa: un giocatore sa benissimo quando ha fatto bene e quando ha fatto male. Giochiamo da così tanti anni che ogni giocatore è normale sappia com'è andata la partita. Fa piacere quando vedi che parlano di te e ti fanno i complimenti, ma fanno anche piacere le critiche, perché da una critica c'è sempre qualcosa di costruttivo. Questo ovviamente quando sono critiche costruttive e non per cattiveria".

    SUI COMMENTI DEI SOCIAL - "Li leggo? Ringrazio sempre le persone che mi stanno vicine e sono tante e di questo sono felice. Secondo me non si devono amare i complimenti e odiare le critiche, sarebbe troppo facile".

    SUI TATUAGGI E LA PAURA DELL'AGO -  "Si vince come tutte le paure: affrontandole. Le paure si vincono solo così. Io credo che nelle paure ci sia una grande opportunità, perché è la paura che ti spinge ad affrontare certe cose. C'è un vecchio che dice: "La paura bussò alla porta e aprì il coraggio". Noi ci fossilizziamo molto sulla paura, ma in quel momento lì, quando hai veramente paura, non è come te lo eri immaginato. Le sensazioni che provi sono diverse. Tu non puoi vivere un momento immaginandolo nella tua testa. Devi viverlo davvero. Io ho un braccio tutto dedicato alla mia fede. Il primo è stato il Padre Nostro qui (sul costato, ndr). E da lì si sono evoluti in tante cose. Ora ho la schiena tatuata, che è l'ultimo che ho fatto. Ci sono due angeli che mi proteggono e mi guardano le spalle e poi ho armature di vecchi guerrieri. È la parte strong. Poi ci sono molte decorazioni, a me piace un sacco".

    SULLA PREPARAZIONE ALLA PARTITA -  "Ovviamente sì, perché non hai modo di lavorare. Giocando ogni tre giorni hai bisogno più del recupero che del lavoro. Quando giochi una partita spendi energie importanti. Tu giochi, il giorno dopo scarico, poi chi non ha giocato si allena perché deve integrare. Il giorno dopo ancora, 48 ore dopo la partita, è il giorno peggiore. Acido lattico, tossine nei muscoli, e devi espellere queste cose. Poi il giorno dopo ancora giochi! Lì le prepari tatticamente, ma non puoi lavorare a livello fisico. E' più un lavoro mentale e di concentrazione". 

    SULLE EMOZIONI IN CAMPO -  "Sì. La cosa più bella per me è l'entrata in campo, perché ti fa rendere conto della passione della gente in quel momento. E ovviamente anche noi, perché abbiamo adrenalina, voglia, carica. L'entrata è un insieme di energie belle che si concentrano per un solo risultato: la vittoria. Quindi è un momento fantastico".

    MEGLIO IL GOL ALLA SPAL O LA PARTITA COL VALENCIA? - "Per me, personalmente, meglio quella di Valencia. Perché il gol è importante per te e per i compagni, ma è quando c'è il sacrificio comune e la voglia di vincere di squadra che è molto bello. La Champions è davvero una competizione a parte, non è un modo di dire. Ci sono mille fattori dentro, i dettagli, le sfumature. A parte che incontri tutte le squadre più forti d'Europa, ma poi in un secondo cambia tutto. Perché hai giocatori così bravi davanti, che in un secondo può cambiare tutto. Lo sforzo spesso è molto mentale, infatti quello che io dico è che basta vedere le partite passate. Il Liverpool col Barcellona, per esempio. Questo succede solo in Champions. Perché hai due squadre di pari livello e in un secondo può cambiare tutto. Questo è il bello della Champions e per questo è così difficile vincere.a Fino alla fine forza Juventus, come sempre".

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