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David Trezeguet, alla BoboTV, parla così del suo percorso in Italia e alla Juve.

MISTER TREZEGUET - "Ho iniziato questa nuova avventura, voglio allenare. Sono arrivato qui a costruire il mio nuovo staff. Adesso aspetto la mia possibilità, vediamo che stanno finendo diversi campionati e vedremo quello che capiterà. Sicuramente la cosa più importante per me, se viene fuori questa possibilità che aspetto da un po'... Prima della fine della carriera ho provato a fare gestione sportiva. Credo che il dirigente possa intervenire di più, pensavo di avere un'idea più aperta, di poter dare un contributo da un altro angolo, con un'altra percezione. Non è semplice ovunque, non solo in Italia, i dirigenti danno poco spazio agli ex giocatori". 

IL CORSO - "Ho fatto il corso da allenatore qui in Sud America e ho deciso di vedere altro e di iniziare questa nuova avventura, mi sono preparato due anni con uno staff, tanto calcio, aspettando la possibilità giusta per verificare idea, voglia, dare un contributo al calcio giocato. Voglio allenare una prima squadra, sto aspettando il momento. Tutto dipende dai risultati, questa è la giusta verità. I progetti sono quelli che sono, ma i risultati sono quelli che contano. Voglio iniziare con una prima squadra".

LA JUVE - "La seguo, per me è stata la squadra più importante. Ci sono stati grossi cambiamenti. Resta competitiva, una Juve che non fa le coppe e in un certo modo, anche se storicamente non è da Juve, conta moltissimo. Finora è protagonista e consapevole che dovrà fare un gran campionato". 

IL PERIODO - "Alla Juve 171, statisticamente noi ne contiamo tantissimi. Lo dico spesso, al di là della qualità di ognuno di noi, sono arrivato quando il campionato italiano era vero, gli attaccanti volevano andare lì. Un campionato dove tu giocavi con Ronaldo (a Vieri), alla Juve c'era Del Piero. Batistuta, Totti... Era il campionato. Per me, arrivato nel 2000, dopo il gol agli Europei e la Juve si aspettava qualcosa in più da parte mia. Con il tempo sono stato all'altezza della storia juventina. La Juve rimane una delle più importanti, dove gli attaccanti lasciano il segno facendo gol". 

ERA D'ORO - "E' stata la nostra fortuna aver disputato questi campionati ritrovandoti la domenica lì. Contro di noi ti trovavi Maldini, Mihajlovic, Couto, Cannavaro, Thuram... Era divertente allo stesso tempo. Il calcio è cambiato, in bene o in male, ma c'è una verità. Questi campionati dagli anni Novanta al Duemila, in Italia era il più competitivo. Eravamo costruiti per essere determinanti, con il presidente era facile parlare: dovevi fare gol e vincere il campionato. Lì diventi mentalmente più forte, vuoi diventare un giocatore di quei livelli. Quando sono arrivato ai 100 gol in Italia il primo pensiero è stato: faccio parte di un gruppetto di giocatori che sono stati incredibili, al di là dell'immagine e del pensiero, gli allenamenti e la determinazione alla base. Fortunato di aver giocato alla Juve, ma fortunato anche ad aver giocato con e contro tantissimi campioni. Serviva sempre lavorare più forte. Tutto questo mi ha dato la possibilità di giocare 10 anni alla Juve, ho fatto la storia e quando molli o smetti ti rendi conto che hai lasciato un segno importante. La gente te lo riconosce".