Redazione Calciomercato

Tudor ha fatto una Juventus diversa, proprio come l'aveva immaginata Thiago Motta
Guarda da casa una squadra che si muove come avrebbe voluto: verticale, compatta, propositiva. Vede Vlahovic legare il gioco come non aveva mai fatto, servire due assist e non incaponirsi nel gol. Vede Koopmeiners ritrovare il suo spazio naturale, segnare dopo 97 secondi e governare con intelligenza quel centrocampo che per mesi sembrava ostile. Vede Nico Gonzalez entrare in partita con un’altra luce, finalmente dentro al contesto.
Sono i suoi uomini, ma non è più il suo disegno.
Tudor ha raccolto l’idea e l’ha portata a compimento. Ha liberato il gioco, alzato i giri, sciolto i nodi. Non ha stravolto: ha corretto. Ha semplificato. E ha dato alle individualità un sistema che non le soffocasse. La Juve è viva, fluida, pericolosa. Soprattutto: ha ritrovato la gioia di stare in campo.
Motta invece si è perso prima. Intrappolato tra progetto e risultati, tra prudenza e convinzione. Ha costruito con metodo, ma senza slancio. Ha provato a plasmare una squadra moderna con giocatori che chiedevano certezze più che rivoluzioni. È finita come finiscono tante belle idee nel calcio: isolate, incomplete, abbandonate.
E ora che l’idea si sta realizzando, il suo nome non è più nei titoli di coda.
Il paradosso è tutto qui: aveva intuito la strada, ma non ha fatto in tempo a percorrerla. La Juventus l’ha imboccata adesso, con un altro al volante. E lo fa proprio con gli strumenti che lui aveva scelto: Koop, Nico, Vlahovic.
Non è ingiusto, è semplicemente il calcio. Spietato con chi non riesce a trasformare il possibile in concreto.
Thiago Motta resterà l’allenatore che aveva immaginato una Juve diversa. Tudor è quello che la sta facendo esistere.
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