DELUSIONE - «Faccio fatica a fotografarne una sola: la qualificazione della Roma ai quarti come unica squadra italiana è l’ennesimo campanello d’allarme. Vuol dire che qualche errore - ovviamente - si è commesso, se in precedenza sono uscite tutte».
SCUDETTO - «E invece seriamente io dico che in quel momento l’Inter non era convinta delle propria forze. Resto convinto che giocare ogni tre giorni sia possibile e che una squadra con quell’organico potesse permettersi il doppio e triplo impegno. Però, rivado a quei giorni e ripenso che all’epoca, probabilmente, Conte e i suoi non fossero pienamente consapevoli della loro consistenza. Succede».
INSIGNE - «Più passa il tempo e lui più diventa bravo. A me le classifiche sui calciatori non piacciono, però lui ci mette qualità, ti diverte, fa le due fasi, anche se una di queste non è cosa sua.... Quando bisogna difendere, lui non ne prende una. Però ci mette tanta buona volontà e comunque sa fare ombra al giocatore avversario. Solo che per andare a coprire è costretto a rimetterci qualcosa in chiave offensiva».
ALLENATORI - «Il primo, ma da anni, è Gasperini: ha una mentalità che colpisce, vuole sempre avere la palla e poi attacca, insegue la vittoria. In un calcio in cui in tanti passano la palla all’indietro, manco fossimo nel rugby, l’Atalanta fa altre cose e anche assai belle. Italiano non si accontenta, devo dire che penso un poco mi somigli. Vuole salvarsi attraverso il gioco: lo propone e non lo subisce. E non ha paura».