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Cristiana Girelli, a JTV, racconta la sua vita e la sua carriera. Ecco le sue parole. 

SORRIDO - "Nella vita sono sorridente. Mi piace vivere, scherzare, godere di ogni attimo che la vita mi sta dando. A volte dico ai miei genitori: “Non potevate farmi un po’ più tardi?”. Così magari avrei potuto godere di più di questo movimento che ora sta crescendo. Quando smetterò di giocare a calcio, vorrei non avere rimorsi. Credo che sarà impossibile, ma proverà ad averne il meno possibile. Io voglio dare sempre il 100%. Monte dei Cappuccini? Sono romantica, mi piace venire qui sul Monte dei Cappuccini perché è il primo posto che ho visto di Torino. La prima volta che sono venuta qui sono rimasta affascinata, assomiglia a un altro posto a Verona a cui sono affezionata. Mi piace perché ti dà quel senso di libertà che in città non hai

DA PICCOLA - "Ero l’unica nella provincia di Brescia a giocare a calcio. Ho sempre giocato coi maschietti, ero il capitano. Ho sempre avuto grande rispetto da parte loro, a volte mi scrivono ancora adesso complimentandosi. Mi sono sempre sentita libera di fare quello che volevo e questa è stata la mia grande fortuna. Ho sempre voluto giocare a calcio. Quando tornavo a casa non vedevo l’ora di andarmi ad allenare. Quando a 14 anni mi chiamò un dirigente del Verona, io dissi ai miei genitori che non volevo andare a giocare con le femmine. Furono loro a dirmi che il treno passava solo una volta. Io dopo un anno ancora coi maschietti sono andata a giocare lì. La mia famiglia mi ha aiutato, anche se nasceva tutto da me. Futuro? Essendo mio padre farmacista, ho sempre pensato di seguire le sue orme. Poi non sono riuscita perché ho dato priorità al calcio. Mi piacerebbe continuare a studiare, ma allo stesso tempo non voglio lasciare il mondo del calcio quando smetterò. Fatico ad immaginarmi senza calcio. Sinceramente non mi vedo fuori da quest’ambiente. Mi piacerebbe rimanerci, non so in che veste. Il calcio è sempre stato la mia vita. Mia nipote? È la mia vita. È felicità, se pur piccola è la mia ancora. Mi rifugio sempre sempre nel suo sorriso, nella sua manina, nel suo bacio. È un regalo della vita e me lo tengo stretto".

LA JUVE - "La chiamata? Era verso fine maggio. La persona con cui collaboro mi ha chiamato dicendomi che la Juve era interessata me. Io non ci credevo, ho fatto dieci giri in giardino col telefono in mano. Di lì a poco ho preso la decisione di venire qui ed è stato bellissimo. Il primo gol? Alla prima giornata di campionato. Faceva caldissimo quel giorno. Aluko è andata sul fondo, ha crossato e io ho raggiunto il pallone in spaccata".

LA SQUADRA - "Siamo un gruppo di persone prima che giocatrici. Questo fa la differenza. Quando arrivi alla fine del campionato, spesso il valore squadra fa la differenza. Quando hai un gruppo di questo calibro spesso arrivi a vincere. La 10? Io mi sento un 10, anche se molti mi dicono che starei bene con il 9. Mi è sempre piaciuto questo numero, ci sono affezionata sin da piccola. Quando Braghin mi ha chiamato dicendomi di aver deciso di darmi la 10, sono rimasto senza parole. Ho detto che avrei fatto di tutto per onorarla"

ESULTANZA - "Non posso spiegarla perché sono scaramantica. Spero di mostrarvela ancora tante volte. Ha un insieme di significati personali, c’è di mezzo anche il mio nome".

SOGNO - "Il mio sogno è quello di poter vincere tutto. Mi piacerebbe essere sempre felice, mi sento tanto fortunata per quello che posso vivere. Spero che le cose possano continuare così e di poter lasciare qualcosa nel cuore delle persone".