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Era l'ultima occasione, forse anche per la Juve. E la fascia di capitano, al braccio, ce l'aveva proprio lui: Luca Vialli. Che oggi obbligatoriamente piangiamo. Se n'è andato l'ultimo leader con una Coppa Campioni sul petto, sulle spalle, nel cuore. Di foto di quell'istante se ne vedono a migliaia, tra social e ricordi, ma nessuno sapeva realmente i sentimenti del numero nove. "Distrutto", come raccontano i giornalisti al seguito di quella squadra e ovviamente chi lo conosceva bene. 

LA TENSIONE - Vialli aveva accumulato anni di tensione alle spalle. Era arrivato a tu per tu con la Coppa già ai tempi della Sampdoria, e nella finale contro il Barcellona aveva sciupato due occasioni, quasi tre, che di notte ancora gli davano il tormento. In quella notte di Roma, aveva un solo risultato, pronto com'era a lasciarsi alle spalle anni di gol, di giocate, di una Serie A bellissima e sfiancante. "In quel momento pensavo ai tifosi della Juve, che avevano vinto solo una volta quella Coppa e in condizioni tragiche", ha raccontato anni dopo a Sky. Ma pensava anche a lui, al successo sfiorato. Al fatto di non poter "tollerare un'altra sconfitta". 

IL MOMENTO PIU' BELLO - Il rigore di Jugovic, la certezza di aver esaudito un sogno, diventarono automaticamente "Il momento più esaltante della mia carriera". Vialli ha sempre ricordato con estremo ardore quell'istante, fiero della squadra più forte nella quale avesse giocato. Gli parve, a detta di tanti, la chiusura perfetta di un cerchio, la soddisfazione finale anche per chi, come lui, era ossessionato dalla tappa successiva. "Un calciatore non finisce - amava ripetere -, non è mai in post partita, pensa subito alla prossima". Ecco: forse lì, dopo Roma e dopo aver alzato la Coppa, per un attimo si è goduto tutto, tutto quel momento. Il più esaltante.