Tra i miracoli di Thiago, che non scioglierà il sangue ma di certo ha sciolto un po' di giocatori, c'è stato soprattutto questo: si va a Verona in 15, e quei 15 sono piazzati in un ordine tale da non distinguerli. Una massa che si muove in sincro, che se non ci fossero i numeri sarebbero quasi tutti Yildiz. O tutti Vlahovic. Alto e basso. Con una bella eccezione: le chiusure di Bremer, quelle inimitabili.
Tutto funziona. E bene. E troppo bene. Perché Verona-Juve lascia la stessa sensazione che aveva generato Juve-Como: non vediamo l'ora di rivedere in campo questa squadra e benediciamo questo calendario così compresso, che ci permetterà di farlo da settembre in poi. Ma non è la vittoria finale, un effimero primo posto, il sorriso di un Vlahovic ritrovato, a rubare il cuore: è la dominanza del possesso e del gioco, è aver cambiato rotta così come filosofia. Non è il 26 agosto che decreteremo se sarà giusta o se sarà sbagliata. Al momento è diverso, e tanto basta per seguirla, per dargli un credito infinito. Per rimettere il cuore in gioco.
Il sorriso sornione di Thiago diceva tutto, dalla Germania a Bentegodi di Verona. Non possiamo più chiamarlo "cantiere aperto", questo gruppo. Mancheremmo di rispetto a tutto quello che ha fatto il mister, a quanto velocemente ha assimilato la squadra. Le gru all'orizzonte, sì, stanno velocemente scomparendo. Il palazzo ha le fondamenta e pure i ritocchi ornamentali. E immaginatela esattamente così come lo state facendo, questa Juventus: con Koopmeiners sarà ancora un'altra roba. Con Sancho sarebbe una fantasia a occhi aperti.
Buonanotte, sognatori.