Già, perché la scelta di separarsi con Allegri è stata complicata. Complicata all'interno della stessa società, figurarsi nelle interpretazioni dei tifosi. Andrea Agnelli, presidente bianconero e amico di Allegri, è stata forse la persona che più di tutte ha rappresentato questa ambiguità. La volontà della Juventus di perseguire un'altra strada, dal punto di vista tattico, non può cancellare il recente passato: cinque Scudetti, certo, ma anche due finali di Champions. Perse, sì, ma due finali di Champions. Per questo è stato ambiguo l'addio, di un anno fa. Per questo è stato ambiguo lo stesso Allegri, un allenatore che ha scelto di mantenere una posizione forse riduttiva in relazione ai successi della sua squadra.
Allegri non ha mai anteposto la sua figura a quella del gruppo, per questo per tanti il cambiamento si è reso necessario. Per chi, ad esempio, sostiene che serva un gioco più articolato, più dominante, che non uno spogliatoio coeso, o un allenatore che esalti il singolo sia la giusta ricetta per ottenere quel che manca. La verità, come sempre, sta nel mezzo. Quel che è inopinabile è la chiusura di un ciclo che ha fatto epoca, un quinquennio che comunque, nel bene o nel male, porta il nome ed il cognome di Allegri.