Due anni dopo un essere appartenente alla razza umana ha pensato bene di ringraziare quel prezioso eroe con una polpetta avvelenata: così è morto Kaos nel suo giardino di casa dove lo ha trovato il suo padrone e istruttore il quale, ufficialmente, ha voluto scrivere una straziante lettera di addio al suo fedele amico scomparso per mano di un tale per il quale la definizione di delinquente è un eufemismo. Certamente l’assassino non è stato un parente di coloro che il pastore tedesco aveva provveduto a salvare. Comunque uno del posto che sapeva perfettamente cosa stava facendo e chi fosse Kaos.
Voglio anticipare i soliti commenti, sciocchi, di coloro i quali mi chiederanno che cosa c’entri questa odiosa vicenda con lo sport e perché un sito come il nostro dia spazio ad un avvenimento del genere. Apparentemente nulla, è ovvio. In realtà il ribrezzo e lo schifo che tutti dovrebbero provare per ciò che è successo non possono trovare barriere di genere o di categoria esattamente come non le trovarono tutte le lodevoli iniziative che il mondo dello sport mise in atto dopo la tragedia del sisma.
Detto questo e sgombrato il campo da ogni specioso equivoco, resta il fatto con tutti i suoi terribili significati. La morte di Kaos, per la quale la cittadina di Amatrice pretende giustizia, non avrà fatto che anticipare ciò che, soprattutto nei periodi di esodo estivo, accade sempre più di frequente. Sono già stati avvistati sull’autostrada A1 alcuni cani legati al guardrail, abbandonati da “umani” che li giudicano un “peso” per le loro vacanze. Non saranno i primi quei poveri animali il cui unico torto è stato quello di fidarsi e di volere disinteressatamente bene a “bestie” con due gambe rappresentanti di una società sempre più malata. Molto malata.