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Tre giocatori con il coronavirus, cinque in fuga all'estero: la strana sensazione di una Juve spaccata e senza guida
In queste ore, oltre alla positività di Dybala, un’altra notizia ha percorso il mondo della Juve: anche Douglas Costa ha lasciato l’Italia, destinazione Brasile. E’ il quinto a fuggire (e un altro avrebbe potuto farlo, Danilo, se il suo agente non lo avesse convinto a lasciar perdere e a disfare le valigie). Prima dell’ala se ne erano andati Ronaldo, Higuain, Pjanic, Khedira. E’ stato Cristiano ad aprire il fronte, rendendo ingestibili gli altri: perché lui sì e noi no?
Così la Juve si trova in una situazione paradossale: mentre aumentano i malati, chi non risulta positivo ai tamponi può scappare via. Non entriamo qui nella legittimità degli espatri: se ai cinque giocatori in questione sono stati consentiti, ci viene da credere che non siano state violate alcuna legge e alcuna regola. La questione riguarda invece la strana sensazione trasmessa da una società che è sempre stata un modello di forza e autorità nei confronti dei propri tesserati. Oggi appare esattamente il contrario, un club senza una guida sicura, senza una mano solida a comandarlo, all’interno del quale tutti fanno un po’ come vogliono.
Mentre Lukaku dice che avrebbe voglia di sbattere la testa contro il muro ma rimane a Milano, e il Napoli impedisce a Ospina di andarsene in Colombia, la Juve dà il via libera a tutti, con il rischio che debbano rimanere 14 giorni in isolamento al ritorno in Italia. E questo mentre altri calciatori bianconeri danno l’esempio opposto rispetto ai fuggiaschi, a cominciare da Chiellini che svela di non vedere compagna e figlie da due mesi. Eppure sta lì, a Torino anziché a Livorno, nel rispetto delle regole, della società che lo paga e dei compagni. E questo è un segnale di spaccatura anche all’interno dello spogliatoio.
@steagresti
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