Redazione Calciomercato

Thiago Motta non pensa di essere il problema della Juventus, per questo non si dimetterà
La Juventus, intesa come entità e non come uomini, ha dimostrato anche a lui di essere un’altra storia. Qualcosa di completamente diverso. Se provi ad ammaestrarla, finge di piegarsi per poi ribellarsi. Non si può domare, tantomeno dominare. Al massimo, si può gestire. Offrirle un’identità chiara, senza però tentare di cambiarle voce: sarebbe snaturarla, volerla diversa da ciò che è sempre stata.
E Thiago, l'hombre vertical, questo lo ha compreso fin da subito. Sin dal primo impatto con l’ambiente, con la società, con i tifosi, con il peso delle ambizioni e delle richieste. E con la squadra, ovviamente. Una squadra che non è mai stata all’altezza di ciò che rappresenta la Juventus, ma che è stata comunque gestita in modo peculiare: dalle formazioni all'ultimo minuto al trattamento riservato ai leader, riabilitati quando ormai avevano poco da dare.
Ma il calcio è figlio del risultato. E attorno alla Juventus il rumore si è fatto assordante, fino a soffocare ogni possibilità di analisi lucida. "La Juve è la peggior squadra da allenare quando si perde", diceva un vecchio tecnico, pur vincente. Thiago Motta lo sta vivendo sulla sua pelle. Avanza forse per inerzia, forse per quel briciolo di incoscienza, o forse più semplicemente perché ha ancora due anni di contratto. Non è questione di soldi. È questione di orgoglio. Non vuole arrendersi. Perché non si sente sconfitto.
Giusto o sbagliato che sia, questo è il pensiero che coltiva oggi. E lo ha ribadito, tra le righe, anche in conferenza stampa. Quando gli è stato chiesto se fosse l’uomo giusto per portare avanti questa Juve in bilico, ha risposto: "Sono io, quello che deve trovare soluzioni". Nessun aggettivo, solo un’azione da compiere. Perché tutto, dai rapporti umani alla tattica, dalla lettura delle gare agli allenamenti, dovrà essere rimesso in discussione.
Di sicuro, a Firenze si è spezzato l’ultimo filo che lo legava alla Juventus. Sensazione netta: non ci sono margini per ricucire. Nessuna dichiarazione di Giuntoli o di altri potrà fermare i retropensieri. Qualcuno, però, dovrebbe dirglielo. Perché può ripetersi tutte le frasi motivazionali del mondo, ma ce n’è una sola che dovrebbe davvero considerare. L’ha pronunciata Lippi nel 1999: "Se il problema di questa squadra sono io, allora me ne vado".
Evidentemente, Thiago Motta pensa che il problema siano tutti gli altri.
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