SINDACATO - "Ci provo, perlomeno. Il 27 di questo mese avrebbero dovuto svolgersi le elezioni. Ovviamente tutto rimandato. Forse a ottobre. Ma io il mio programma l’ho già scritto ed è pronto. Un progetto che si basa sul fare e non sulle chiacchiere o i giochi di potere. Il sindacato della categoria deve tornare a essere ciò che fu alla sua fondazione voluta da Sergio Campana. Un organismo nel quale a contare sopra ogni cosa e oltre ogni interesse deve essere la voce dei giocatori. Oggi non è un sindacato ma una semplice associazione molto simile ad un club”.
CALCAGNO AVVERSARIO - “Forse, non lo so e neppure mi interessa più di tanto. Io vado per la mia strada con il sostegno di persone serie e molto in gamba come, per esempio, Dossena, Pecci e Marchegiani. Non ho intenzione di fare la bandiera o l’uomo simbolo. Ricordo che lasciai il Consiglio di amministrazione della Juventus perché mi impedivano di esercitare il mio ruolo attivamente”.
STIPENDI - “Argomento spinoso che richiede una grande consapevolezza e buon senso anche civico. L’imposizione forzata non mi pare una soluzione ragionevole. Semmai dovrebbero essere gli stessi calciatori ad autotassarsi su iniziativa propria e collegiale per far sentire la propria vicinanza in maniera concreta ai tifosi e alle persone che soffrono”.
RIPARTIRE - “Il calcio deve riprendere quando le condizioni generali sanitarie del Paese lo permetteranno. Non solo, questo è un discorso che va coordinato a livello europeo e in contemporanea. Niente play off, ma meritocrazia. E se poi non sarà possibile un ritorno in maniera regolare, facciamola finita e non si dia lo scudetto a nessuno. Proprio come durante la guerra mondiale. E noi siamo in guerra, oggi”.