Infatti, il nostro campionato è divenuto sempre più terra di compratori stranieri e ricchi patrimoni. Eppure, per quanto Zhang si sia insidiato all'Inter, Saputo al Bologna, Commisso alla Fiorentina ed ora Friedkin è pronto a prendere il posto di Pallotta a Roma, i conti non cambiano: a fine anno, finora, la Juventus ha legittimato sul campo un potere che prescinde dai semplici valori tecnici. Così, le nuove società arrivate, a cui si aggiunge anche il Milan, ovviamente di proprietà Eliott, stanno studiando un modello di business da applicare alla Serie A che voglia essere più simile a quello della Premier League: i ricavi fanno la differenza, così le società sopracitate vorrebbero ridisegnare alcuni aspetti economici per rendere tutto più equilibrato. Come, ad esempio, una redistribuzione più equa dei diritti televisivi.
Così, con lo scandalo arbitri lanciato da Commisso al termine della partita proprio contro la Juventus, ha riposto al centro del dibattito la competitività del campionato. Se da una parte si parla di grandi riforme, come alzare i compensi ai direttori di gara per svincolarli da ogni logica di potere, dall'altra restano però alcuni fatti certi. Ovvero, che la Juventus è arrivata al punto dov'è oggi, con il pieno merito combinato di scelte societarie azzeccate - che hanno portato, ad esempio, allo Stadium - e di conseguenti progetti tecnici vincenti. Una squadra che non ha avuto bisogno di rifondare ogni anno squadra e asset societario, ma che, al contrario, ha fatto della continuità il suo miglior pregio. Quindi, chi addita la Juve come rovina del campionato, forse, dovrebbe pensare alla programmazione che i bianconeri hanno fatto per arrivare a questo dominio, piuttosto che pensare ai complotti, quelli passati e quelli futuri.