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Quando lo stadio ha preso la paura e l'ha trasformata in silenzio, Paul Pogba aveva il volto tra le mani e le lacrime agli occhi. Sembrava una scena già vista: l'avevamo immaginata alla notizia della rottura del ginocchio, l'abbiamo realizzata quando l'operazione era diventata inevitabile. L'ha vissuta, invece, Federico Chiesa: tra i compagni vicini al francese, era il più defilato. Probabilmente anche per non rivivere quel trauma. Per non piombare in uno stato di timore. 

PROVA SUPERATA - Ecco: era una prova da superare, e Fede ce l'ha fatta. In un percorso di alti, bassi, saliscendi soprattutto emotivi - del resto, la continuità fisica è stata quella che doveva essere, intoppi compresi -, Chiesa si è tolto la soddisfazione di tornare a incidere, di essere un peso positivo per la squadra. Non era un passaggio banale, non lo è mai stato: per un calciatore abituato a far scorrere tutto il gioco di una squadra tra i suoi piedi, è la prova che in mezzo a mille catastrofi ci sia comunque un filo rosso che unisca quanto fatto a quanto resta da fare. Tutto il tempo fuori non è stato tempo perduto. E' servito a forgiare un po' il carattere, a rendere tutto meno scontato e per questo più bello quando il sorriso si fa condiviso e contagioso. 

L'ARMA DI ALLEGRI - Non avrà trovato il primo gol in campionato, ma Chiesa ha dimostrato di avere il passo del più forte. Di poter vestire senza paura l'obiettivo più importante: tornare a essere il trascinatore di una squadra disperata per la mancanza di guizzi (tranne Di Maria), che si basa su strappi, contropiedi, conclusioni. Su ciò che è Federico, praticamente. Su ciò che doveva di nuovo essere e su ciò che sta pian piano ri-diventando. Il numero sette diventa così l'arma più potente a disposizione di Allegri, a gara in corso (soprattutto) e dal primo minuto. In attesa di notizie su Paul, Allegri ha di nuovo tra le mani un elemento d'imprevedibilità.