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In principio fu Joseph Nonge, poi toccò a Nikola Sekulov. In poco meno di un mese la Juventus ha perso due big match con un copione del tutto simile nella sostanza: un gol subìto nei minuti finali, con la complicità dell'errore di un giovane mandato nella mischia pochi attimi prima per provare a cambiare l'inerzia della gara. Contro il Napoli l'ingenuità fu del centrocampista belga classe 2005, scelto al 75' per sostituire Fabio Miretti e autore di un fallo da rigore che condannò i bianconeri; ieri sera, contro la Lazio, tra i responsabili della rete di Adam Marusic è finito anche l'attaccante 22enne, al debutto in Prima squadra dopo essere stato prelevato dalla Next Gen in sostituzione dello squalificato Dusan Vlahovic.

Due errori pesanti, sì. Ma da inquadrare nel contesto di una squadra sempre più in difficoltà, che a quanto pare non trova garanzie nemmeno nei suoi leader - o presunti tali - e che di certo non può pretendere di aggrapparsi a giovani senza alcuna esperienza nel calcio "che conta". La sensazione, peraltro, è che in entrambi i casi la colpa di quanto accaduto sia più da attribuire a Massimiliano Allegri. Emblematica, restando sul tema specifico, la gestione di Nonge, tolto dal campo pochi istanti dopo l'errore, nel velleitario tentativo di riacciuffare un pareggio sfruttando i centimetri di Danilo. Forse giustificabile con l'intento di aumentare il peso offensivo della Juve, invece, la scelta di puntare ieri su Sekulov, comunque altrettanto rischiosa in un momento delicato di partita in cui per i bianconeri era forse più importante assicurarsi almeno il pareggio, di fronte a una Lazio più determinata e vogliosa.

Cosa resta, dunque, di questi "esperimenti" con i giovani? Niente di buono, anzi solo il malcelato presentimento di un rischio neanche troppo calcolato: quello di bruciarli mandandoli "al macello" in una fase di stagione che per la Juventus si è fatta tremendamente complicata, in cui è palese come non ci sia più tempo nè spazio per le "allegrate" o per qualsiasi idea che travalichi le (poche) certezze costruite nel tempo. Si veda a tal proposito il 4-3-3 di partenza, che in realtà con quel tridente poco offensivo nascondeva tutt'altro e, in fin dei conti, agevolava il solo Federico Chiesa. I giovani devono avere tempo e modo di sbagliare. Ma devono poterlo fare nel contesto giusto, con le tutele del caso. Altrimenti il rischio - concreto - è che lo "sforzo" con loro sia del tutto vano.  


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