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Stefano Braghin, direttore della Juventus Women, ha parlato in una lunga intervista a Tuttosport, commentando la possibile ripresa del calcio e lo scudetto 2020. Eccone alcuni passaggi:
 
Oggi è previsto il Consiglio Federale: si va verso uno stop dei campionati femminili? 
«Il calcio femminile ha una sua struttura, una peculiarità tipica di un processo iniziato da poco. Ha una fragilità strutturale che può essere evidente con una crisi del genere. L’andamento del virus, le difficoltà economiche e non ultimi i protocolli stringenti mettono il sistema in grossa difficoltà per una ripartenza in tempi immediati. Posto che la decisione spetti solo al Consiglio Federale, da dentro il sistema colgo le difficoltà di una ripresa immediata». 
 
Un eventuale scudetto a campionato bloccato avrebbe un sapore diverso? 
«Noi lasciamo la decisione al Consiglio Federale: qualunque sia, ne prenderemo atto. Quanto abbiamo fatto in questa stagione è scritto e rimane, spetta al Consiglio Federale decidere se sarà premiato o meno». 
 
La crisi cambierà scenari e strategie? 
«Percepisco in maniera forte l’allarme e non va trascurato. Dopo il Mondiale la percezione su questo movimento è stata superiore alla realtà. Ora con questa pandemia l’aumento dei costi generato da dover rimettere le strutture in sicurezza e le riduzioni dei ricavi possono diventare un cocktail micidiale per un movimento appena partito. Va fronteggiata, questa crisi, sia dai singoli club attuando politiche virtuose, perché certe strategie andranno riviste, sia dalle istituzioni che dovranno avere un occhio di riguardo. La Figc ci ha dato già supporto, a livello governativo magari servirebbero interventi più strutturati per lo sport femminile e per il calcio». 
 
La Juventus e il presidente Agnelli continueranno a investire come prima? 
«In questo momento il progetto segue un suo corso a cui avevamo dato inizio nel 2017: una crescita graduale con investimenti, senza però perdere di vista il fatto che il femminile ora non genera ricavi e il club deve autosostenersi. La società non ha intenzione di cambiare la strategia di crescita, ma va proporzionata al mercato». 
 
Ogni anno però avete sempre alzato l’asticella. 
«Crediamo molto nella gradualità e nella sostenibilità del progetto, però senza mai fermarci. Abbiamo un’area dedicata solo per le ragazze a Vinovo e sappiamo che sono aspetti che portano punti. Le buone strutture sono la base. La nostra idea per la prossima stagione sarà consolidare quello che abbiamo che è patrimonio importante, cercando di aggiungere alla rosa qualche caratteristica tecnica che ci manca. Dico sempre che ogni calciatrice mette il suo pezzo per farci vincere il campionato e che certi equilibri non vanno modificati. Anche perché ho sperimentato che le giocatrici forti ti fanno vincere le partite, ma i campionati li conquisti con la forza del collettivo. Abbiamo trovato un’alchimia molto forte e quindi la tocchiamo con cautela: pochissimi interventi e molto mirati». 
 
Quindi niente straniere top nella Juve? 

«Nel breve periodo sicuramente no, anche se ormai il livello raggiunto delle nostre straniere è di assoluta caratura internazionale. La top attuale ora come ora è inavvicinabile per inquadramento professionale e per norme: in un sistema calcio più forte a livello normativo e di ricavi ci saranno le condizioni». 
 
In Champions per la Juve conterà ancora partecipare oppure l’obiettivo sarà diverso? 
«Intanto il tema della riforma della Champions dal 2021-22 va spiegato: è vero che ci saranno i gruppi, ma per accedere al gruppo bisognerà passare due turni in cui non saremo teste di serie con il rischio di un abbinamento complesso. Premesso ciò, la Champions per noi è importante, il nostro è un brand internazionale e dobbiamo onorarlo. Tuttavia sappiamo di avere tre anni di vita: siamo come bambini dell’asilo che giocano con bambini delle medie. Ma se riusciremo a colmare il gap e nei primi turni troveremo quelle 4 o 5 non lontane dai nostri livelli allora potremo dire la nostra. Siamo ancora legati all’urna e lavoriamo proprio per non esserlo più: la Juventus deve diventare pericolo per chi la incontra, nel giro di due tre anni se lavoreremo bene lo potremo diventare». 
 
Una delle forze è stata l’anima italiana, azzurra: si può allargare anche con qualche giovane, magari qualche rientro da prestiti? 
«La mia idea è quella di continuare a dare loro spazio in società dove abbiano più opportunità: non voglio fermare la crescita di Lenzini, Glionna, Cantore, Boglioni così come Caruso, loro sono l’ossatura della Juve futura ed è giusto che continuino ad avere un minutaggio che non potrebbero trovare da noi. Per gli innesti avremmo guardato volentieri in Italia, ma in questo momento puntiamo su un paio di situazioni interessanti all’estero».