La programmazione quasi fosse un gioco di incastri. Questo qui, quell'altro là, e infine quest'altro ancora qui. Un piano preciso che solo gli imprevisti (nel calcio comunemente chiamati infortuni) possono sbaragliare. Uno schema con dei confini morbidi, con prove concrete a supportare o cambiare l'idea iniziale passo dopo passo, in modo scientifico. Ecco, sì: analisi, test, numeri e confronti per ciò che chiameremo "rotazione scientifica". Lo ha confessato lo stesso Sarri, in conferenza, parlandone così: "Buffon? Era una rotazione prevista. All'inizio del blocco abbiamo deciso questo tipo di rotazione. In questo ruolo abbiamo potuto farlo, in altri ruoli no per qualche infortunio di troppo. Era una rotazione prevista".
Non ci stiamo inventando nulla, ci mancherebbe, semplicemente ricomponendo i tasselli di un piano ben identificabile. Perché sette partite non si affrontano senza lungimiranza, non se si vuole dare spazio, minuti, condizione e inserimento nelle idee di gioco a tutti gli interpreti di una rosa profondissima. C'è un blocco (di partite), c'è un totale di minuti e c'è la soluzione studiata, da riadattare se si pesca un imprevisto nel mazzo durante il gioco. Un po' come si fa con i videogiochi, programmandosi formazioni e scelte in base agli impegni successivi per non stancare troppo i propri campioni, per farli arrivare pronti e riposati agli impegni clou. Ecco, qui ci sono due tasselli in più, già nominati: condizione e inserimento. Ma il gioco non va poi così lontano. E' il metodo Sarri, è il suo turnover... scientifico.