È legittimo, dunque, assistere alla crescita esponenziale di frenesia e di curiosità da parte delle tifoserie interessate. Quella nerazzurra ha già messo mano al portafoglio regalando alla società “sino-milanese” un incasso estivo da tempi antichi. Il popolo bianconero ancora non si è lasciato del tutto andare perché frenato da un certo scetticismo nei confronti dell’allenatore il quale, stando al progetto dell’innovazione voluto dalla dirigenza, dovrebbe essere il grado di rimodellare un’opera già quasi perfetta in funzione del concetto chiamato spettacolo.
Per Antonio Conte l’impresa, almeno sulla carta, non dovrebbe rivelarsi eccessivamente complicata. Potrà operare su di un terreno già sufficientemente inseminato dal punto di vista tecnico ma vergine sotto il profilo mentale e caratteriale. Il tipo di lavoro che l’allenatore leccese predilige e che, soprattutto, riesce a svolgere molto bene ammesso che i suoi ragazzi abbiano orecchio e lo stiano ad ascoltare. L’obbiettivo principale, per Conte, sarà quello di cancellare una volta per tutte l’immagine e i profitti dell’Inter dell’ex “special one” Mourinho ovvero l’ultimo personaggio che seppe coniugare il nerazzurro con i colori dell’arcobaleno.
Il compito di Maurizio Sarri, almeno in partenza, appare più complicato. È stato chiamato non per rendere la macchina Juventus più potente e più veloce, ma più bella e più emotivamente coinvolgente. Pessimisti e scettici tirano fuori dalla valigia dei ricordi la sventurata e sanguinosa esperienza vissuta con in panchina Gigi Maifredi e la sua idea di calcio champagne che si risolse con la degustazione di un vino inacidito e che sapeva di tappo. Il rischio che possa ripetersi un evento così poco nobile per la nobile Signora credo debba andare escluso a priori per un motivo ben preciso. Maifredi, pur con tutte le sue responsabilità, societariamente aveva intorno il nulla. Montezemolo aveva ben altre cose di cui preoccuparsi e i suoi collaboratori, da Bendoni a Governato, non erano in grado di fare da argine alle fatali tempeste del campionato.
A Maurizio Sarri questo non accadrà. Lui potrà contare, quotidianamente, sulla copertura più totale di Andrea Agnelli e dello staff che lo hanno fortemente voluto anche a dispetto di una certa contrarietà popolare. Quello di poter essere sostenuto, praticamente e moralmente, da una dirigenza sempre presente rappresenta un dato fondamentale per il lavoro di un allenatore. Lo sa bene, per esempio, Arrigo Sacchi il quale proprio parlando di Sarri ha pronosticato per lui un avvio non scevro da problemi ma anche di un futuro luminoso perché “Si tratta di un tecnico bravo, preparato e onesto intellettualmente. Sarà un po’ pazzo per certi versi ma si tratta di una follia positiva. Un poco come ero io”.
Un augurio “pesante” quello dell’uomo di Fusignano al collega. Una previsione sulla quale è possibile riflettere per arrivare alla conclusione che vi è un filo rosso a unire due storie diverse eppure sovrapponibili. Sacchi arrivò al Milan di Berlusconi con un pedigree appena abbozzato. I primi quattro mesi di lavoro vennero scanditi da un autentico calvario con giocatori come Ancelotti e Maldini, sfiniti per la fatica, che chiedevano provvedimenti, con risultati non certo brillanti e con i tifosi che mugugnavano. Galliani tentò di mediare suggerendo un cambio di allenatore. Berlusconi fu netto e preciso: “Sacchi non si tocca per nessun motivo al mondo”. Fu poi la Storia a dire chi aveva ragione. Maurizio Sarri, con lo scudo eventuale di Andrea Agnelli in caso di necessità, ora ha la possibilità di replicare quelle stupende stagioni di calcio indimenticabile.