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Sarebbe facile scrivere che Ronaldo sì, sa solo vincere. Sarebbe ancor più facile parlare del suo carisma, del suo carattere, della sua leadership in una squadra che ha bisogno di lui ben più di quanto dicano già i numeri straordinari. Ma è più bello - e forse anche più veritiero - iniziare con un applauso a una generazione portoghese che difficilmente si ripeterà. Una sfilza di giocatori forti e intelligenti che a Cristiano rendono il lavoro un po' meno duro del passato. E che l'innalzano come la storia vuole, con un trofeo tra le mani.

NEL SUO SEGNO - I fatti dicono che Ronaldo abbia vinto la Nations League, che l'abbia fatto coltivando l'1-0 nella finalissima in casa contro un'Olanda che sembra l'Italia: impermeabile dietro, pericolosa a chiazze, perlopiù da fermo. In una gara in cui Cancelo resta in panchina (Santos gli preferisce un discreto Semedo), Ronaldo si prende gli stessi spazi di cui si fa padrone a Torino: parte a sinistra, poi s'accentra, chiude gli scambi e scatta in profondità quando può. E' meno brillante della tripletta con cui ha abbattuto la Svizzera, ma è nel vivo dell'azione con gesti e buone intenzioni. Soprattutto, con le parole ai compagni che filano ordinati e senza paura. L'istantanea perfetta è il buffetto a Guedes, match winner (con lo zampino del 7): si vede un Cristiano leader, padre orgoglioso di un gruppo che non si pone limiti. E che, finalmente, ha la stessa fame del suo capitano.