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Gigi Riva, leggenda del calcio italiano e campione d'Italia con il Cagliari nella stagione '69-'70, si racconta a la Gazzetta dello Sport: "Barella è nato nella scuola calcio che porta il mio nome. Fin da bambino mostrava qualità e tecnica superiori alla media. Sì, aveva anche furbizia e voglia di emergere. Voleva sempre vincere e non tollerava che potesse perdere un contrasto o sbagliare un passaggio. Ricordo di averlo seguito, anche di nascosto, da bordo campo. Mi aveva colpito anche per come calciava. Adesso è pronto per volare. Tutti mi chiedono di lui. E sapete che cosa non capisco? Che debbano per forza paragonarlo a qualcuno. Nicolò è Nicolò e basta, senza nulla togliere a campioni quali Marco Tardelli o Radja Nainggolan. In quale club in futuro? Può giocare ovunque. In Inghilterra ne esalterebbero la corsa e la rapidità nel leggere e ribaltare le situazioni. Ma anche qui da noi può completare al meglio la maturazione. Poi le nuove sfide e i grandi campioni aiutano a crescere, qualsiasi maglia indossino. Inter o Napoli? Grandi club, ambienti con tradizioni e forti aspettative, guidati da tecnici preparati. Sta a lui decidere e farsi consigliare al meglio. Ovunque può diventare un calciatore importante. Ha di fronte una carriera di prestigio".

SULLA NAZIONALE - "Oltre a Nicolò penso anche a Zaniolo, Chiesa, Tonali e gli altri chiamati di recente. Mancini sta lavorando con scrupolo. Sta aprendo un ciclo dopo la mancata qualificazione al Mondiale dell’anno scorso. Ma si deve avere pazienza. Per costruire una nazionale competitiva serve tempo. E, soprattutto, non facciamo accostamenti inutili". 

SULLA CORSA SCUDETTO - "I bianconeri hanno continuità, gioco, giocatori di valore internazionali che pensano soltanto a vincere, organizzazione. Con Cristiano Ronaldo hanno chiuso il cerchio. Il Napoli, invece, prendendo Ancelotti, un maestro di calcio, ha fatto la mossa giusta per ridurre le distanze. Ma la rimonta è dura". 

SUGLI ITALIANI - "Quagliarella e Immobile unici italiani che hanno segnato più di 10 reti? Non vedo novità, gli stranieri imperano, vengono ingaggiati e trovano quasi sempre le migliori condizioni per esprimersi al meglio. Ma la questione è un’altra. Nei nostri settori giovanili si insegnano tante cose. Ma non come si cerca il gol, il dribbling secco e il tiro, l’attaccare gli spazi senza palla. Formare una punta non è facile. Però si potrebbe ripartire dai più piccoli, con meno sponde e più tiri. Che poi Quagliarella segni ancora e sia il capocannoniere della Serie A è già una risposta: è sempre stato un professionista serio, di grandi qualità, si è allenato bene e continua a fare la differenza".