MAGLIA - «Me l'aspettavo? No e mi ha fatto un immenso piacere. Dani è una grandissima persona, quando ha preso la 6 gli avevo chiesto la maglia e lui me l’aveva data. Questa però è speciale, gliela riporterò perché voglio la dedica. È un capitano vero, ha usato bellissime parole: ricordando mio padre ha ricordato anche lo stile Juventus».
RICORDO - «Fa effetto vedere che ci sono ancora striscioni e cori per lui, ogni 3 settembre io e mia madre riceviamo messaggi da tantissime persone. Per noi è una giornata triste ma anche piena di commozione ed emozioni. Dopo tanti anni la gente mi ferma per raccontarmi aneddoti che lo riguardano. Con la sua gentilezza e disponibilità conquistava tutti, non ha mai negato a nessuno una foto o un autografo. Mio nonno era un operaio, veniva da una famiglia umile, e lui ha continuato a esserlo anche dopo la notorietà perché sapeva quanti sacrifici fanno i tifosi. Per questo è sempre stato apprezzato da tutti, era una persona diversa. Come calciatore ha vinto tanto, ma lo ricordano soprattutto come uomo. Mi ha insegnato tanto sia in vita sia ora che non c’è più. I valori che mi ha trasmesso e il suo esempio sono importanti e io sto cercando di trasferirli ai miei tre figli».
PAPA' E LA JUVE - «Avevo 5 anni e mi portava con lui agli allenamenti e quando Trapattoni fischiava la fine noi rimanevamo in campo ancora un po’. Poi quando andavo al Comunale a vederlo giocare con mia madre gli dicevo sempre “papà guardami” e lui lo faceva prima di ogni partita. Io lo salutavo dall’alto e lui con gli occhi mi diceva “sono pronto”. A fine match mi faceva entrare negli spogliatoi e io respiravo un’atmosfera unica in mezzo a tanti campioni».
JUVE - «Sono molto attaccato a questi colori, sono quasi vent’anni che ho la fortuna di lavorare alla Juventus e ne sono fiero e felice. È sempre stata la mia vita, respiro Juve da sempre».