CHE STORIA – Era il 2015 quando la rete di osservatori di Paratici continuava a battere in lungo e in largo tutto il Sudamerica, in particolare il territorio brasiliano. Venivano identificati tanti giovani di belle speranze, come Rogerio e Matheus Pereira, poi effettivamente strappati alla concorrenza con diverse fortune una volta portati in Italia. Altri in rampa di lancio, corteggiati e sfumati proprio sul più bello come Gabriel Jesus e Gabigol: anche qui si può dire che sia andata male (Gabriel Jesus) ma non malissimo (flop Gabigol). Su Alisson invece dubbi non ce n'erano. Solo che i dubbi li aveva tutti lui. Che diede parola alla Roma, aspettando anche un anno in più a causa della mancanza del posto da extracomunitario, rifiutando il prestito a un club amico per sbarcare nella capitale nel 2016 e vivere una stagione di apprendistato all'ombra di Szczesny. Alisson scelse la Roma, nonostante la Juve fosse lì, pronta a pareggiare o superare le offerte del club giallorosso fino al momento del suo arrivo in Italia nel 2016. Il motivo aveva un nome e un cognome: Gianluigi Buffon. Già, perché Alisson voleva garanzie tecniche, nel breve-medio periodo. E in quel momento alla Juve non si poteva fare altro che garantire un ruolo da vice-Buffon, in attesa che l'intramontabile capitano bianconero arrivasse al capolinea o quasi. Un qualcosa che poi si verificò solo anni dopo, nel 2108, momento del passaggio di consegne tra Buffon e Szczensy, al di là della retromarcia degli scorsi giorni che in ogni caso non smuoverà il polacco dal ruolo di titolare designato. C'era Buffon, quando c'era Neto a contendere il posto da titolare del Brasile ad Alisson, quando Neto raccoglieva le briciole nella Juve nonostante la volontà di giocarsela alla pari in bianconero. Un esempio a portata di mano per Alisson che lo convinse a dire no alla Juve. Che poi, proprio grazie ad Alisson, riuscì ad acquistare a prezzo di saldo l'erede di Buffon nel 2017: la Roma decise di non riscattare Szczesny dall'Arsenal per 16 milioni avendo in casa il fenomeno brasiliano ormai pronto sotto ogni punto di vista, la Juve colse al volo l'occasione acquistando il polacco per 12 milioni più bonus. Si chiamano sliding doors, storie di porte e di portieri.
Retroscena Alisson: disse di no alla Juve per colpa di Buffon
Storie di porte e di portieri. In questo momento, il portiere più forte al mondo è Alisson Becker. Quantomeno è lui il più decisivo. Poi può essere una questione di gusti, ma l'estremo difensore di Brasile e Liverpool ha davvero conquistato tutti. E se da un lato in casa Juve si dormono sogni tranquilli, perché tutti sono più che soddisfatti di Wojciech Szczesny, dall'altro c'è chi non dimentica il fatto che l'erede di Gigi Buffon sarebbe potuto essere proprio Alisson. Erano gli anni dei duelli su mercato con la Roma, delle sfide all'ultimo talento tra Fabio Paratici e Walter Sabatini. Due partite vennero vinte dai giallorossi: una era legata a Gerson, scampato pericolo per la Juve. L'altra proprio ad Alisson, il cui destino si è incrociato a più riprese con quello di Szczesny. E di Buffon.
CHE STORIA – Era il 2015 quando la rete di osservatori di Paratici continuava a battere in lungo e in largo tutto il Sudamerica, in particolare il territorio brasiliano. Venivano identificati tanti giovani di belle speranze, come Rogerio e Matheus Pereira, poi effettivamente strappati alla concorrenza con diverse fortune una volta portati in Italia. Altri in rampa di lancio, corteggiati e sfumati proprio sul più bello come Gabriel Jesus e Gabigol: anche qui si può dire che sia andata male (Gabriel Jesus) ma non malissimo (flop Gabigol). Su Alisson invece dubbi non ce n'erano. Solo che i dubbi li aveva tutti lui. Che diede parola alla Roma, aspettando anche un anno in più a causa della mancanza del posto da extracomunitario, rifiutando il prestito a un club amico per sbarcare nella capitale nel 2016 e vivere una stagione di apprendistato all'ombra di Szczesny. Alisson scelse la Roma, nonostante la Juve fosse lì, pronta a pareggiare o superare le offerte del club giallorosso fino al momento del suo arrivo in Italia nel 2016. Il motivo aveva un nome e un cognome: Gianluigi Buffon. Già, perché Alisson voleva garanzie tecniche, nel breve-medio periodo. E in quel momento alla Juve non si poteva fare altro che garantire un ruolo da vice-Buffon, in attesa che l'intramontabile capitano bianconero arrivasse al capolinea o quasi. Un qualcosa che poi si verificò solo anni dopo, nel 2108, momento del passaggio di consegne tra Buffon e Szczensy, al di là della retromarcia degli scorsi giorni che in ogni caso non smuoverà il polacco dal ruolo di titolare designato. C'era Buffon, quando c'era Neto a contendere il posto da titolare del Brasile ad Alisson, quando Neto raccoglieva le briciole nella Juve nonostante la volontà di giocarsela alla pari in bianconero. Un esempio a portata di mano per Alisson che lo convinse a dire no alla Juve. Che poi, proprio grazie ad Alisson, riuscì ad acquistare a prezzo di saldo l'erede di Buffon nel 2017: la Roma decise di non riscattare Szczesny dall'Arsenal per 16 milioni avendo in casa il fenomeno brasiliano ormai pronto sotto ogni punto di vista, la Juve colse al volo l'occasione acquistando il polacco per 12 milioni più bonus. Si chiamano sliding doors, storie di porte e di portieri.
CHE STORIA – Era il 2015 quando la rete di osservatori di Paratici continuava a battere in lungo e in largo tutto il Sudamerica, in particolare il territorio brasiliano. Venivano identificati tanti giovani di belle speranze, come Rogerio e Matheus Pereira, poi effettivamente strappati alla concorrenza con diverse fortune una volta portati in Italia. Altri in rampa di lancio, corteggiati e sfumati proprio sul più bello come Gabriel Jesus e Gabigol: anche qui si può dire che sia andata male (Gabriel Jesus) ma non malissimo (flop Gabigol). Su Alisson invece dubbi non ce n'erano. Solo che i dubbi li aveva tutti lui. Che diede parola alla Roma, aspettando anche un anno in più a causa della mancanza del posto da extracomunitario, rifiutando il prestito a un club amico per sbarcare nella capitale nel 2016 e vivere una stagione di apprendistato all'ombra di Szczesny. Alisson scelse la Roma, nonostante la Juve fosse lì, pronta a pareggiare o superare le offerte del club giallorosso fino al momento del suo arrivo in Italia nel 2016. Il motivo aveva un nome e un cognome: Gianluigi Buffon. Già, perché Alisson voleva garanzie tecniche, nel breve-medio periodo. E in quel momento alla Juve non si poteva fare altro che garantire un ruolo da vice-Buffon, in attesa che l'intramontabile capitano bianconero arrivasse al capolinea o quasi. Un qualcosa che poi si verificò solo anni dopo, nel 2108, momento del passaggio di consegne tra Buffon e Szczensy, al di là della retromarcia degli scorsi giorni che in ogni caso non smuoverà il polacco dal ruolo di titolare designato. C'era Buffon, quando c'era Neto a contendere il posto da titolare del Brasile ad Alisson, quando Neto raccoglieva le briciole nella Juve nonostante la volontà di giocarsela alla pari in bianconero. Un esempio a portata di mano per Alisson che lo convinse a dire no alla Juve. Che poi, proprio grazie ad Alisson, riuscì ad acquistare a prezzo di saldo l'erede di Buffon nel 2017: la Roma decise di non riscattare Szczesny dall'Arsenal per 16 milioni avendo in casa il fenomeno brasiliano ormai pronto sotto ogni punto di vista, la Juve colse al volo l'occasione acquistando il polacco per 12 milioni più bonus. Si chiamano sliding doors, storie di porte e di portieri.