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"Qualche anno fa abbiamo deciso in famiglia di aggiungere quello di mamma a quello di papà, ci sembrava bello e giusto. Per cui ci tengo che mi chiamino con entrambi, anche perché usarne soltanto uno è sbagliato", così Hans Nicolussi Caviglia ha spiegato la scelta del doppio cognome. Di seguito l'intervista completa di Repubblica al centrocampista della Juventus.

DA DOVE VIENE 'HANS' -“Piaceva a papà, che è di origini cimbre e appassionato di cultura germanica. Mamma è invece ligure e fa l’attrice, mentre mia sorella Mila vive in Olanda dove fa la ballerina di danza classica. Papà è guardiaparco e sono cresciuto in un borgo minuscolo della Valsavarenche, Dégioz, tra i 1600 e i 1800 metri: il mio imprinting sono i boschi della montagna, da bambino facevo le gare di sci ed ero anche bravino, ma poi ho scelto il calcio. Adesso sciare non posso più, ma ogni estate torno a passeggiare sulle mie montagne, a respirare un’altra aria”.

LA PASSIONE PER CRUIJFF - "E’ un personaggio che mi ha sempre affascinato, ho visto tutti i video e letto tutti i libri che lo riguardano. E mia sorella mi ha fatto conoscere i suoi luoghi olandesi, sono stato più volte a vedere l’Ajax allo stadio. Di lui mi hanno ispirato le idee che hanno rivoluzionato il calcio, aveva una concezione moderna per i suoi tempi e ha fissato dei canoni all’avanguardia. La sua frase che preferisco stabilisce per me una grande verità: la creatività non fa a pugni con la disciplina”.

LETTERATURA E CINEMA - "I miei mi hanno insegnato il valore della cultura, prima che me ne appassionassi per conto mio. Letteratura e cinema arricchiscono il tempo che non passi in campo e magari una poesia può darti un appiglio nei momenti difficili”.

IL LIBRO CHE STA LEGGENDO - "La montagna incantata di Thomas Mann, non ci metterò poco a finirlo. Poi mi piacerebbe affrontare Dostoevskij a partire dai Fratelli Karamazov, finora ho letto solo qualche opera minore. Al cinema la mia passione è Kubrik, un altro che ha trattato anni fa temi ancora attualissimi: il mio preferito è Barry Lindon”.

UN CALCIATORE CHE ASCOLTA GUCCINI... - "Ma no, anche ad altri piacciono i cantautori. Guccini lo ascoltavo da piccolino in macchina con papà quando andavamo a sciare e me ne sono innamorato. Purtroppo non l’ho mai visto dal vivo, ma solo su Youtube: Cyrano, Quello che non, Farewell, Incontro, La locomotiva sono le mie preferite. Anche di lui mi piace che le cose che diceva a suo tempo sono valide oggi e lo saranno tra cent’anni”.

UN 'MARZIANO' PER I COMPAGNI? - “No, non mi guardano strano. Ci rispettiamo a vicenda, ognuno ha i suoi gusti e poi anch’io faccio le cose stupide di un ventenne, eh. Dei calciatori c’è spesso una percezione alterata, mentre ce ne sono tanti che hanno molto da dire anche fuori dal rettangolo verde, che hanno idee e interessi. È un concetto sdoganato da tanti che hanno un grado di cultura elevato, vedi per esempio Chiellini”.

STIPENDIO PIU' BASSO DEI COMPAGNI - “Col tempo ognuno avrà quello che si merita”.

L'INFLUENZA SUI COMPAGNI - “Ho fatto ascoltare Don Chisciotte di Guccini a Kean, ma non l’ho convinto. Con altri ancora non ci ho provato, ma penso di riuscirci. In Cambiaso, per esempio, ho trovato una persona con cui sto bene in campo e fuori, è serio e anche lui ha dei valori uguali ai miei. Penso che lo trascinerò al cinema e riuscirò a fargli piacere Guccini”.

IL RAPPORTO CON KEAN - "Ci conosciamo da quando avevamo 8 anni, siamo legatissimi. Ci completiamo, quello che mi manca lui ce l’ha, scherzando potrei dire che lui è il mio lato cazzaro, giocherellone. Abbiamo un’amicizia profonda e sappiamo perfettamente cosa l’altro sta per fare e ci correggiamo a vicenda. Io riesco a fermarlo un attimo prima che si alteri. Ci scambiamo consigli, ma lui sa da solo quando sbaglia”.

IL LAVORO DELLA JUVE SUI GIOVANI - "Comprendo che qualcuno è fatto e cresciuto in modo diverso, che diversi sono i valori etici e morali. Ma nel settore giovanile la Juve fa un lavoro esemplare a livello umano e quando arrivi in prima squadra hai un background diverso”.

LA PARTITA CONTRO l'INTER - “Di giocare non me l’aspettavo, perché in settimana non ero mai stato provato: Allegri me l’ha detto il giorno della partita, forse ha voluto proteggermi psicologicamente. Paura? No, perché? Era l’opportunità che aspettavo”.

IL GRAVE INFORTUNIO - "Mi ruppi legamenti e menisco, poi la sutura meniscale saltò e mi operarono la seconda volta. Il ginocchio però continuava a darmi fastidio e si è scoperto che mi era rimasta una barretta di ancoraggio nel ginocchio, così ho dovuto fare una terza artroscopia. In tutto ho perso un anno e mezzo ma non mi sono mai demoralizzato e a livello fisico sono tornato come prima, anche più consapevole delle mie qualità. È stato un modo diverso di maturare”.

CREDERE ALLO SCUDETTO - “Per la nostra coesione e il nostro dna. C’è un senso di appartenenza molto forte, in tanto siamo cresciuti qui ed è importante trasmetterlo ai nuovi. Le consapevolezze c’erano anche all’inizio”.

DA CHI HA IMPARATO - "Come allenatore da Ciccio Grabbi, è stato un secondo papà per me e Kean, un maestro di calcio e di vita. Come giocatore, a Perugia ero con Vicario e già si vedeva che aveva un livello di disciplina e una cura dei particolari che sapevo che l’avrebbe portato ad altissimi livelli. Poi naturalmente c’è Chiellini, un mentore, un esempio”.