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    Questo Thuram aumenta i dubbi sulla gestione di Motta: perché non è mai stato un titolare

    Questo Thuram aumenta i dubbi sulla gestione di Motta: perché non è mai stato un titolare

    • Cristiano Corbo
    C’era una domanda che ronzava fastidiosa attorno a Thiago Motta per settimane, e non era poi così difficile da indovinare: perché Khephren Thuram giocava così poco? A guardare i numeri, in effetti, la risposta sembrerebbe smentire la percezione comune: KT è stato tra i giocatori più impiegati della rosa bianconera. Eppure, la sensazione era sempre quella di una presenza marginale, di un talento sullo sfondo. L’unica vera esclusione totale risale alla trasferta di Lipsia, quando in mediana dominava un altro regista: Nicolò Fagioli. Era un'altra Juventus. Un'altra era.

    Oggi, invece, il panorama è cambiato radicalmente. Khephren non solo ha trovato spazio, ma si è preso la scena con prepotenza: è diventato un punto fermo della squadra e uno dei centrocampisti più impattanti dell’intera Serie A.


    Tra i migliori del campionato


    Doveva essere in dubbio fino all’ultimo, bloccato da un fastidio muscolare. Invece, non solo è sceso in campo: è stato semplicemente dominante. Nella sfida contro il Lecce, Thuram ha messo insieme numeri da campione. Secondo solo a un monumentale Manuel Locatelli per rendimento complessivo, KT ha completato 69 passaggi su 87 palloni giocati, con ben 18 passaggi riusciti nell’ultimo terzo di campo – terzo dato assoluto della partita. E nonostante la condizione non ottimale, ha coperto 11,6 chilometri: una prova di forza, resistenza e intelligenza tattica.

    Certo, da un suo errore è nata l’azione che ha ridato fiducia al Lecce. Ma è l’unica macchia in una prestazione di altissimo profilo. E facilmente perdonabile, visti i contributi complessivi.


    L’ombra dell’incomprensione


    Viene allora naturale chiedersi: perché era così facilmente sacrificabile con Thiago Motta? Le motivazioni non mancano. In una Juventus che cercava un ritmo sostenuto e una manovra fluida, Thuram era spesso visto come un freno più che come un motore. Non riusciva a imprimere velocità alla circolazione del pallone, né a garantire il dinamismo richiesto in fase di transizione.

    Ma con Igor Tudor il contesto è cambiato. KT ha trovato una squadra che gli permette di esaltare le sue qualità: può salire in conduzione, distribuire con più libertà, diventare un’opzione offensiva senza doversi costantemente voltare a controllare la propria posizione. Una Juventus costruita per valorizzarlo. Un peccato non averlo visto così fin da subito. Ma forse, come spesso accade, è proprio passando attraverso i dubbi che si forgiano le certezze.


    Dalle ombre alla luce


    Va detto che l’ex Nizza aveva già iniziato a guadagnare terreno nelle ultime settimane della gestione Motta. Era infatti partito titolare nelle ultime tre partite pre-Tudor, segnando anche il gol del vantaggio nell’ultima vittoria di quell’era, contro il Verona. Erano segnali, lampi improvvisi di ciò che sarebbe potuto diventare.

    E contro il Lecce, due giocate sue hanno innescato entrambe le reti bianconere. Un impatto totale. Un’evoluzione che, in fondo, ha fatto pagare qualcosa anche allo stesso Motta, che non ha avuto il tempo di godere della miglior versione di KT. Ma che oggi consente a Tudor di raccoglierne i frutti.

    Il rapporto tra il nuovo tecnico e il centrocampista francese è già solido, condito anche da qualche aneddoto simpatico: “Ieri ho parlato con il padre di Thuram – ha raccontato Tudor nella conferenza di presentazione –. Mi ha detto: 'Se fa qualcosa di sbagliato, dagli uno schiaffo!'”. Per ora, però, non ce n’è stato alcun bisogno.

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