commenta
Senza troppi fronzoli, ma lasciandosi accompagnare esclusivamente dalla concretezza. Dopo Cristiano Ronaldo, la buona notizia della settimana internazionale è il sorriso di Federico Bernardeschi. Che fa assist, che si fa sentire, che impone la sa legge tra le linee nella grandiosa vittoria dell'Italia contro la Bosnia (0-3, il risultato finale). Soprattutto: Federico che si diverte, eccome. Perché alla base del buon gioco dell'esterno c'è una dose di libertà che con la Juve non ha, né ha mai avuto. 

CON LA BOSNIA - Con la maglia azzurra, la trasformazione di Bernardeschi inizia a essere una costante, una certezza a cui Mancini fatica realmente a rinunciare. Una sorta di isola felice, di rifugio riparatore in cui Berna sfoga le delusioni bianconeri. Ultima la scelta di Sarri di lasciarlo in tribuna nella sfida di Mosca contro la Lokomotiv: segnale mascherato di come le gerarchie sembrino decisamente irremovibili. Decisione presa con la massima professionalità, ci mancherebbe: ma che ha creato un solco lungo una stagione particolarmente dura, anche per la reazione del pubblico bianconero alle sue recenti prestazioni. Ecco, la Bosnia in questo senso è stata un toccasana. Ha inoltre certificato la sua paura. 

TIMORE - Paura? Sì, paura. Perché sembrerà pure paradossale, ma questa maglia azzurra riesce a pesare meno di quella della Juventus. Bernardeschi non è solo slegato dai vincoli tattici, né semplicemente schierato in un ruolo più congeniale. E' scongelato. Riscaldato da un ambiente che crede in lui e che non lo giudica per ogni singolo tocco o gioco d'inventiva. Il passo per superare questo piccolo trauma è continuare a provarci, magari sfruttando un po' di assist della sorte. Non gira tutto male, pure quando sembra che il vento non abbia altre intenzioni: il rapporto con Mancini e la Nazionale è lì a dimostrarlo.