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Sconfiggendo il polacco Hubert Hurkacz col punteggio di 6-3 6-0 6-7 6-4 Matteo Berrettini ha scritto la storia del tennis italiano: è il primo nostro connazionale a qualificarsi per la finale di Wimbledon, il più prestigioso torneo nel mondo di racchetta e palline gialle. Il che ha innescato una coincidenza spazio-temporale entusiasmante per i nostri colori: nello stesso giorno, ossia dopodomani, ci saranno nella stessa città ovvero Londra, due finali italiane. Quella di Wimbledon, appunto, che vedrà il 24enne romano alle prese con uno tra Djokovic (molto probabilmente) e (quasi impossibile) Shapovalov; e quella degli Europei di calcio, con la Nazionale del c.t. Roberto Mancini a sfidare i padroni di casa dell'Inghilterra.

Ma i paragoni e i paralleli non finiscono qui. Tra i giocatori azzurri, infatti, c'è un giocatore che nell'opinione di chi scrive presenta un fondamentale punto in comune con Berrettini: si tratta di Federico Chiesa, autentico trascinatore dell'Italia nei turni a eliminazione diretta, dopo essere stato tenuto in panchina per buona parte della fase a gironi e fino agli ultimi minuti regolamentari dell'ottavo di finale contro l'Austria. Poi ha sostituito Berardi e il resto è storia...

Ecco, Berrettini e Chiesa sono due esempi perfetti di una legge non scritta dello sport: madre natura non basta da sola, la tecnica e il talento puri sono un'ottima base ma non sono nulla senza una serie di altre caratteristiche. Caratteristiche che sono perfettamente incarnate da questi due atleti. Tutti e due, infatti, non sono dotati di una classe e di un talento innati, ci sono altri giocatori nelle rispettive discipline che rubano più l'occhio o che da giovani promettevano di più, ma grazie a mentalità, costanza, disciplina, tenuta fisica e psicologica, voglia e predisposizione a migliorarsi, hanno alzato l'asticella in maniera sbalorditiva e hanno raggiunto o superato in qualità, o quantomeno in livello delle carriere, altri colleghi che partivano magari con una tecnica di base più apprezzabile.

Berrettini si vedeva che era un giocatore dalla buona attitudine e sicuramente completo, oltre che competitivo su tutte le superfici, dote non banale anche per i grandi campioni. Tuttavia chi poteva presagire una sua permanenza così stabile nell'orbita della top 10 mondiale e soprattutto che sarebbe stato lui, in tutto l'arco del tennis italiano, a raggiungere per primo la finale a Wimbledon? Eppure, mentre eravamo impegnati a rimpiangere cosa sarebbe potuta essere con un'altra testa la carriera di Fognini e quanto potrà essere sfavillante quella di Sinner e Musetti, ecco che a riportarci in un fantastico presente ci ha pensato lui, Berrettini, con le sue accelerazioni micidiali col dritto e quell'approccio perfetto, sempre presente a se stesso, alle partite.

Parallelamente, Chiesa si era fatto ben vedere e ben volere nella Fiorentina, ma faceva storcere il naso a molti con quel suo modo di giocare a testa bassa, qualcosa che in Serie A è difficilmente tollerabile alla lunga e ai piani più alti. Ci sono giocatori nell'ultimo decennio che agli albori della carriera mettevano in mostra un talento anche migliore del suo, a partire proprio da Berardi fino a Bernardeschi, che nella Juve è entrato in una spirale negativa. Alla Juve, invece, Chiesa ha compiuto una trasformazione clamorosa: studiando diligentemente e con profitto da Cristiano Ronaldo, uno che del superare il talento puro con l'abnegazione e il talento ha fatto un'arte di eccellenza, l'ex Fiorentina è diventato nell'arco di un'annata un giocatore maturo, completo, efficace, a tratti devastante. Quello che nello sciagurato ottavo di finale di Champions col Porto non si lascia trascinare dal contesto negativo attorno a lui e quasi porta da solo la Juve ai quarti, e quello che in queste settimane si è preso la Nazionale e sta facendo impazzire tutti, italiani e inglesi in primis.

Insomma, senza picchi estremi di tecnica e talento puri nel loro bagaglio, Berrettini e Chiesa sono però due giocatori costanti e consistenti, che sanno fare bene tutto e in tutti i contesti, e che sanno stare sempre sul pezzo mentalmente. E nella risultante complessiva delle loro prestazioni, finiscono per essere più forti di tanti altri talenti dalla testa e dal fisico meno solidi. Bravi Matteo e Federico, nell'imminente domenica londinese saremo tutti con voi!