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Tra i cattivi pensieri di Giampiero Boniperti riferiti alla partita che lui avrebbe voluto cancellare dal calendario ne esiste uno particolarmente suggestivo perché ispirato dal suo essere tifoso piuttosto che presidente. Dice: “Il mio sogno? Vincere il derby al novantesimo grazie ad un’autorete dei granata”. Riflessione certamente poco decoubertiniana, ma assai significativa sotto l’aspetto della passione.

Ieri non è andata esattamente in questo modo, ma neppure troppo diversamente. La Juventus, vincendo il derby, ha realizzato una doppia impresa. Intanto quella di mantenersi in possibile scia scudetto. Poi, soprattutto, quella di non essere investita da un ciclone di critiche destabilizzanti, cosa che sarebbe avvenuta in caso di sconfitta e anche di ennesimo pareggio.

Per arrivare al successo, tanto meritato almeno quanto lo è stata la debacle dei granata i quali non riescono a tenere fino alla fine manco il semolino, la squadra di Pirlo ha dovuto, negli spogliatoi tra il primo e il secondo tempo, sostenere un corso accelerato di cambio della personalità. Per poter scendere in campo travestita da Toro anziché come era avvenuto nella prima tranche della gara da inconcludente narcisa.

Il modello non era certamente il Torino di oggi, semmai quello di tantissimi anni fa quando nelle figure di gente come Ferrini, Agroppi, Fossati o Cereser la formazione granata scendeva in campo consapevole del gap che doveva subire tecnicamente dai cugini eppure armata con il coltello trai denti e decisa a vendere cara la pelle. E, talvolta, erano proprio loro a vincere, contrariamente ad ogni pronostico.

Ebbene ieri sera all’Allianz è accaduto esattamente questo a ruoli invertiti. La Juventus, nella ripresa, ha dovuto dimenticare di essere la bella del reame e, con spirito operaio sostenuto da volontà e cuore, ha dato un senso alla sua posizione di vera Juventus comportandosi come il Toro antico. Tant’è che a risolvere quello che avrebbe potuto essere un rompicapo, ci hanno pensato e non per caso due lottatori come Bonucci e McKennie nella serata in cui il solista Ronaldo stonava e il fantasma di Dybala aleggiava per il campo.