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Non facciamo parte di quella schiera di tifosi e commentatori che ha ridotto il primo posto nel girone Champions della Juventus al mero fattore c. Perché vincere solo 1 a 0 col Malmoe sarebbe una “vergogna”? Perché il “merito” sarebbe del Chelsea incapace di vincere contro lo Zenit Pietroburgo? C’è qualcosa di storto in questo voler andare sempre oltre alla botte piena, volerla vedere sgorgare, tracimare. Intanto la Juve è l’unica, tra le italiane, a passare da prima, poi nelle qualificazioni si va avanti o si resta indietro tenendo conto anche dei risultati degli altri, infine ogni partita è a sé e il Chelsea, dato per  trionfatore indiscusso, risulta secondo.

Quello che, invece, apparsa riconfermata quasi platealmente contro il Malmoe, è una caratteristica per niente allegriana dei bianconeri. Ovvero il surplace. Dall’inizio del campionato i giocatori juventini (con l’eccezione di Chiellini e De Ligt) appena possono danzano, aggirano, trattano la palla come fossero intenti all’arte del ricamo o dell’arabesco. Difficilissimo vedere l’intenzione di un tackle, pochi i falli (pensate un po’: Spalletti elogia l’Atalanta “perché sa fare i falli” al momento e al posto giusto!)  molte le corse leggiadre, innumerevoli i tocchi indietro di prima, i tocchetti orizzontali. Insomma, per dirla gergalmente, la Juventus non è cattiva. Fra gli undici che vanno in campo sembra esserci un diffuso tentativo di provare che il calcio sia un armonico disporsi mozartiano su un manto erboso. Il fatto è che, poi, la palla fra i piedi degli juventini non è proprio come le note tra gli spartiti di Mozart…

S’è visto nelle ultime partite, dominate e mai “affondate” fino in fondo. La corsa è quella da cavalleggeri; l’agilità vince sulla forza. Manca la decisione di affondare  come se fosse più importante, appunto, il ricamo del colpo, la costruzione del risultato.

Non sappiamo se questa Juve inedita, forse mai vista, capace anche di giocate eleganti, di belle invenzioni, ma, alla fine inconcludente, sia il frutto di due stagioni rimaste a metà (quella di Sarri e di Pirlo) in cui il cambio di pelle non è andato a buon fine. E’ vero che in alcune partite s’è vista una Juventus solo pragmatica, ma nelle altre, quelle in cui ha un possesso di oltre 70% e fa 15 tiri in porta, dalla linea Maginot si passa alla linea Surplace. Manca la linea di Sfondamento.