Leonardo Bonucci è imprescindibile sia nella Juve, sia nella Nazionale (si è visto cosa ha fatto la difesa senza lui, nella partita contro il Liechtenstein). Eppure la sua strada è sempre stata in salita, almeno da noi. Considerato uno dei massimi interpreti, nel ruolo, da gente come Guardiola e Mourinho, ha pagato troppo spesso e in modo paradossale, la sua eleganza. La capacità di uscire in avanti palla al piede, di giocare con la testa alta, di effettuare lanci millimetrici di 40 metri, di non buttar mai via la palla, rischiando anche qualche svista, gli è costata cara. Molti tifosi juventini, ben prima del suo presunto "tradimento" milanista, gli contestavano le "bonucciate" ossia un eccesso di sicurezza che poteva produrre errori vistosi. Quelli che, per altro, ogni giocatore può fare. Ma un errore di Bonucci contava per 10. A Chiellini si perdonava tutto, a lui, mai.
Bersagliato dagli hater, dopo la sua decisione di lasciare la Juve, per incomprensioni con Allegri, al suo ritorno all’ Allianz fu accolto da fischi totalmente ingenerosi e, benché la Juve, con Marotta e Allegri, lo avesse blindato, non fu facile, per lui, affrontare ogni partita come un esame.
In silenzio, partita dopo partita, Bonucci si è davvero ripreso la Juve, oltreché la Nazionale. Tra tanti cambi, turnover, rovesciamenti tattici, lui è quello che gioca sempre (che l’hanno scorso ha giocato sempre ). Prima di tutto, una prova di grande carattere, di forte resilienza psicologica - essenziale per un campione - che gli ha fatto superare lo scetticismo, l’incomprensione e anche la violenza di certi attacchi. L’intelligenza calcistica e l’integrità atletica hanno fatto il resto.
Ribery è stato giustamente ritenuto la sorpresa del campionato, il giocatore più brillante di questi primi mesi. Forse perché gioca in un ruolo più “spettacolare”, forse perché era stato accolto dallo scetticismo dovuto all’età. Il ritorno di Bonucci è passato in cavalleria, ma lui è, semplicemente, un giocatore di cui non si può fare a meno. Quanti ce ne sono?