commenta
Franco Ossola ha il Torino nel sangue. E non solo per il suo essere figlio d'arte - suo padre ha giocato in granata dal 1939 al 1949 -, ma anche per quanto è riuscito a raccogliere (e raccontare) in questi anni sulla squadra del suo cuore. A Calciomercato.com ha raccontato tutto il suo sdegno: dopo quanto emerso da Report, in merito ai famosi striscioni del 2014 su Superga - dove suo padre è stato tra le celebri vittime -, la sua voce ha oggi un'eco ancora maggiore. 

STRISCIONI - "Avevo provato un senso di pietà nei confronti di quegli individui che non potevano trovare altro per dimostrarsi così poco umani. Non avevo provato rabbia, solo pietà verso queste persone che di umano hanno poco. Mi fa provare un senso di estraneità, c'è un mondo di ipocrisia formidabile che copre tutta una serie di interessi, di malaffari". 

RICATTI - "Ricatti da parte delle curve possono accadere in tutte le società, da molti anni ha preso piede la storia del “ti do qualcosa, in cambio tu mi lasci tranquillo”. Quando noi andiamo allo stadio ci fanno passare dai tornelli, sedere nel nostro seggiolino, se si accende una sigaretta arriva uno steward a farla spegnere. Nel frattempo nelle curve succede il pandemonio".

D'ANGELO - "Dopo aver scoperto la complicità di un proprio dipendente nel far entrare quegli striscioni, il presidente della Juventus Andrea Agnelli avrebbe dovuto cacciare il responsabile. Ricordo anche un duro sfogo di Sandro Mazzola che aveva chiesto la chiusura dello Stadium addirittura per un anno". 

AGNELLI - "Se fossi stato io presidente della Juventus, dopo aver scoperto la complicità di un dipendente della società lo avrei subito allontanato, se invece il security manager è rimasto al suo posto mi fa dubitare anche delle scuse. Il famoso stile Juve, che è sempre stato tanto sbandierato qui non si è visto".