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Diventa sempre più complicato, partita dopo partita, affrontare il tema del campionato attuale trovando argomenti che non siano scontati o ripetitivi. Il motivo, molto semplice, è dato dal fatto incontrovertibile che nulla di nuovo vi è sotto questo sole se non la calma piatta di un mare dominato e gestito da un unico padrone il cui nome è quello della Juventus.

Una supremazia, quella della squadra bianconera, che neppure i più tignosi e pignoli critici possono mettere in discussione e che nessun avversario di campo si permette di negare. E mai come oggi, sul piano calcistico, vale una vecchia e celebre frase del volpino statista Giulio Andreotti il quale sosteneva che “Il potere logora soltanto chi non lo ha”.

Paradossalmente in questa sorta di egemonia pressoché dittatoriale esercitata dai bianconeri si vorrebbe leggere la “colpa” di essere i più forti in primo luogo sul terreno di gioco e, successivamente (ma in primo luogo per ordine di importanza) i meglio strutturati e organizzati sul piano del management aziendale. Al contrario anche coloro i quali dicono di annoiarsi per un campionato ormai già finito addirittura a Natale dovranno ammettere che questa eutanasia è frutto di puro merito e non di occasionale fortuna.
Il resto è noia, come cantava Califano, ma non certamente per il popolo bianconero il quale pur senza provare particolari brividi accompagna la corazzata di Allegri verso la fine di una marcia trionfale dove troverà il suo ennesimo scudetto. Il valore aggiunto e l’eccitazione verranno dati da quel che accadrà in Champions fin dall’appuntamento, ostico e ruvido, con l’Atletico di Simeone. E qui si vedrà fino a che punto la Juventus padrona a casa sua potrà esserlo anche fuori dai confini.

Alle spalle dei bianconeri c’è l’inferno. Salvo il Napoli di Ancelotti che, anche lui, fa corsa a sé pur avendo speranzelle minime e sottili di agguantare la “lepre” in fuga, l’ammucchiata altalenante del “resto del campionato” offre l’immagine di un calcio che non è ancora riuscito a chiarirsi bene le idee e a strutturarsi in maniera adeguata per vincere. Milan e Inter mortificano l’immagine della città “vera capitale d’Italia”. Lazio e Roma sono lo specchio di una metropoli decadente. A Genova i lavori sono permanentemente in corso e non solo per il ponte di Polcevera. L’Emilia, con il Bologna e la Spal e il Sassuolo, restano provincia. In Friuli e in Sardegna si sbarca il lunario. Persino l’Atalanta dei prodigi va a corrente alternata.

Ecco nell’altro campionato non ci si annoia, anche se ci si deve accontentare. Ma non è certamente “colpa” della Juventus. E come controcanto alla frase di Andreotti, mi piace ricordare la risposta che diede Loredana Bertè a chi le chiedeva se non avesse paura di finire all’inferno. Disse: “Assolutamente no, perché in Paradiso mi annoierei a morte”. De gustibus.