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Hans Nicolussi Caviglia si racconta. Non solo ai canali ufficiali bianconeri, ma anche a Tuttosport, a cui svela passioni, retroscena e curiosità. Lui, che legge Orwell e che suona il pianoforte, che adora Kubrick e si sta laureando, non è certo un calciatore come tutti gli altri: "Sì, mi ci ritrovo nella descrizione di giocatore anomalo. Ma, in realtà, mi piace semplicemente arricchirmi. E le passioni sono nutrimento". 
 
LETTERATURA - «Dalla letteratura, dai. Mi ci sono avvicinato in adolescenza leggendo i grandi classici di Orwell, da “1984” a “La fattoria degli animali”. Adesso sto divorando “Kafka sulla spiaggia” di Murakami, dopo che non ho potuto metterlo in valigia per andare in tournée: troppi impegni, non avrei avuto tempo». 
 
PIANO - «Non saprei ricostruire come sia nata questa passione, è successo e basta. Purtroppo adesso ho poco tempo per consolidare quanto imparato negli anni. Ma a Torino ho trovato un’eccellente insegnante: l’ho consigliata a Perin, ora va a lezione anche lui. Musica classica? La adoro, ma prima di una partita tenderei a sconsigliarla. Meglio qualcosa che carichi!». 
 
IN SPOGLIATOIO - «Ci sono principalmente due fazioni, chi ascolta pop francese e chi rap anglofono. Poi, quando all’improvviso parte il cantautorato italiano, c’è sempre qualcuno inizia a cantare a squarciagola. Devo riconoscere che Weah canta piuttosto bene. Ma, soprattutto, canta di continuo, anche quando è da solo». 
 
CINEMA - «Guardo di tutto, anche se il mio film preferito è “Barry Lyndon” di Kubrick. Ai compagni di squadra, però, non me la sentirei di consigliarlo: è davvero lungo!». 
 
PRIMI CALCI - «Un ritorno alle origini. Sono cresciuto in un paesino della Valle d’Aosta a 1600 metri d’altitudine, fino al trasferimento a Torino. Ho fatto fondo e poi discesa, mio papà è un guardiaparco: per me è un elemento fondamentale. Assolutamente, a 5 anni ero già iscritto a una Scuola Calcio. E, prima ancora, mio nonno aveva costruito apposta per me un campetto da pallone nel campeggio che gestisce in quota: quello resta uno dei miei luoghi magici. E lui è una delle persone più importanti per me: mi ha trasmesso l’amore per il calcio, da piccolo mi piegava la punta del piede per insegnarmi a calciare di collo». 
 
LAUREA - «Sono iscritto a Scienze Motorie, ma mi mancano ancora diversi esami. Il tempo scarseggia, però quando posso mi metto sui libri. Se si vuole, si può». 
 
AIUTO A LANDUCCI - «È stato un siparietto simpatico, Weah era pronto a entrare e Landucci mi ha chiesto di aiutarlo per le ultime istruzioni. Diciamo che me la cavo bene sia con l’inglese che con il francese». 
  
PRIMO GOL CON LA JUVE - «Con un tiro da fuori area, direi. Mi piacerebbe anche su punizione, ma... non credo che Vlahovic me ne voglia lasciare una, anche perché le calcia davvero bene!». 
 
JUVE - «Qualcosa che, adesso, mi sprona a tener stretta questa maglia. Vesto il bianconero dal 2008, quando ero nei Pulcini: l’ho assorbito anno dopo anno. Ho vissuto l’inaugurazione dell’Allianz Stadium, l’esperienza del J College, il trasferimento alla Continassa: alla Juventus sono cresciuto come calciatore e come uomo». 
 
ESORDIO - «L’emozione, una delle più grandi della mia vita, anche se in campo ero davvero a mio agio. E poi era arrivato proprio subentrando a Kean, con cui abbiamo condiviso tantissimi momenti nel vivaio. Sembriamo molto diversi, ma ci conosciamo a memoria. E mi è rimasto impresso anche il bacio sulla fronte di Chiellini, per augurarmi buona fortuna: era la nostra guida, mi ha fatto piacere rivederlo in America il mese scorso». 
 
ALLEGRI - «Si tratta di un riferimento importantissimo per me. Ho ritrovato la stessa persona di anni fa, anche se ora ha ancora più voglia di vincere». 
 
NUMERO 41 - «È il numero che avevo quando ho esordito in prima squadra nel 2019 e quest’anno l’ho voluto conservare: richiama effettivamente il 14, la maglia storica di Cruijff nonché la data di nascita di mia sorella. E forse non è un caso che, oggi, lei viva proprio ad Amsterdam. Johan è stato un pensatore eccezionale, una mente che ha rivoluzionato il mondo del calcio. La sua citazione che mi ripeto più sovente? “La creatività non fa a pugni con la disciplina”, sicuramente».

POGBA - «Non ho citato Pogba, ma ovviamente anche la sua è una figura cui aspiro e a cui mi ispiro. Vederlo da vicino, durante gli allenamenti, è davvero una gioia per gli occhi. L’avevo conosciuto durante la sua prima esperienza a Torino, quando io ero soltanto un ragazzo del vivaio che iniziava ad affacciarsi alla prima squadra. E, oggi come allora, resta sempre un calciatore di un’altra categoria».