C'è qualche urlo qua e là. Si sente Giuliani, forte e chiara mentre grida "Miaaa!", mentre chiama le marcature e mentre fa salire la sua linea difensiva. Si sentono distintamente anche Sembrant e Salvai, capitano per l'occasione, quasi un risarcimento del destino dopo quel brutto infortunio nella storica prima gara all'Allianz Stadium, in campo da protagonista a più di sette mesi dall'ultima volta. A metà c'è Pedersen a mettere ordine nelle due fasi, anche se il legame emotivo, di tempi e battiti lo detta Rosucci. Unisce "Ceci" e "Cri", riceva da una, innesca l'altra, e chiama, inesauribile nelle corse e nella voce. Davanti, invece, parlano meno, ma si muovono tanto. Girelli è prima al centro, poi sull'esterno sinistro, si sposta e cerca spazio, con Bonansea che corre alle sue spalle. Cernoia è delizia, ma le servono metri per accendersi, per puntare e svincolare il suo mancino dalla pressione e quando ci riesce fa male. La Juve un po' imposta, un po' gioca di rimessa, perché trovare spazi è difficile e anche il Milan vuole impostare. Il primo tempo è vivace, il secondo decisamente più bloccato. La sofferenza è tutta negli ultimi minuti, ma alla fine le bianconere non pagano dazio.
Resta la notte di emozione, forse non la più spettacolare, ma sicuramente una delle più belle mai vissute. Perché giocare qui è un sogno... realizzato. E così si spiega anche l'esultanza, più ricca e gioiosa di Guarino e delle ragazze. Un urlo con le braccia al cielo, per i tre punti sì, per la testa della classifica anche, ma soprattutto per questo calcio. Un anno e mezzo dopo la Premiere all'Allianz Stadium c'è San Siro, la Prima alla Scala. Il titolo era già scritto.