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La Fiat e la Juve, il Bologna di Bernardini e l’avvocato Agnelli. Luca di Montezemolo, che trent’anni fa diventava numero uno della Ferrari, si racconta al Corriere dello Sport: “Quando mi è stato chiesto di fare il presidente della Fiat ho passato la notte in bianco. Nel giro di 16 mesi erano morti prima Gianni e poi Umberto Agnelli, la famiglia mi chiese in modo pressante di accettare”. Altro giro e altra notte insonne: “Un foglio bianco da cui nacque Italo, sfidando lo storico monopolio delle Ferrovie dello Stato. Avevo paura di perdere tutti i soldi, anche perché avevo coinvolto imprenditori amici. Buttai giù dal letto Diego Della Valle alle 7.30 del mattino, pensava che mi fossi ubriacato”. 

FERRARI - A proposito di sveglie: “L’Avvocato mi chiamava sempre alle 6.30 chiedendomi se stessi dormendo. Gli dicevo di no, ma mentivo. Da allora mi sveglio sempre più o meno a quell’ora”. Dai treni alle macchine, da Italo alla Ferrari: “Nonostante le difficoltà con gli amministratori delegati della Fiat, volevo dare un’autonomia alla Ferrari e l’Avvocato in questo mi sosteneva. È più difficile costruire una squadra vincente in Formula Uno che una squadra di calcio”. 

L’AVVOCATO - “L’Avvocato era un italiano vero, tra calcio donne e motori. Mi mancano le nostre chiacchierate, mi manca una persona che mi ascoltava anche quando gli parlavo di problemi personali. Gli ho voluto molto bene. Con Niki Lauda avevamo un rapporto oltre il lavoro, si è fatto mettere nella bara con la tuta della Ferrari; mi è dispiaciuto non vedere il presidente Elkann e nessuno della Ferrari al funerale”. 

JUVE - “A Gianni Agnelli era piaciuto il mio lavoro per Italia ‘90, il giorno della finale mi invitò a cena: voleva dare una svolta alla Juve e pensò a me come dirigente. Aveva deciso di chiudere il ciclo Zoff perché secondo lui un portiere non poteva fare l’allenatore, era ammirato da il Milan di Sacchi. Io parlai con Sacchi ma Agnelli aveva già preso Maifredi, un allenatore del quale Tacconi disse ‘mi ha fatto giocare da libero’ dopo una Supercoppa col Napoli. Pentito di aver fatto il dirigente della Juve? Super pentito, ma ad Agnelli non potevo dire di no”. 

CALCIOPOLI - “La gestione della Juve di allora non mi faceva simpatia, mi è dispiaciuto invece per i fratelli Della Valle, due persone perbene che hanno visto la loro immagine macchiata più del dovuto. Andrea Agnelli? Nove scudetti parlano chiaro, contano i risultati. Oggi il trend va verso la direzione della Superlega, un argomento del quale si dovrà discutere con i giusti modi e tempistiche”.

IDOLI - “Maradona, da grande, e Sivori, quando ero più piccolo. Da tifoso del Bologna ammiravo Bulgarelli. Poi c’era l’ungherese Detari, un genio e sregolatezza alla Cassano, e Platini. Un giorno Agnelli lo beccò che fumava di nascosto nello spogliatoio, e lui disse ‘Avvocato, l’importante è che non fumi Furino’. Intelligentissimo”.