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E se il finale di Bologna-Juve fosse più importante per il gruppo che la vittoria strombazzata e psicodrammatica della Coppa Italia? Dura sostenerlo, sento il DNA bianconero in subbuglio. Ma non era vincere “l’unica cosa che conta”? No, se la squadra ne esce con la sindrome di Stoccolma.

Sequestrata tatticamente, si era affezionata al suo sequestratore. Giocatori che si erano dimenticati del freno a mano tirato, con la lacrimuccia e il rimpianto del one-man-show. Il poco credibile Hulk. Insomma la manfrina è continuata nel primo tempo di Bologna. Una vera lagna.

Tutta una crisi abbandonica di superficie che è bastato un solo intervallo con Montero per spazzarla via. In realtà sono serviti anche gli innesti giusti (fuori i più traumatizzati, dentro gli sbarbatelli), il cambio di modulo ma soprattutto l’aggressività e l’atteggiamento dentro questo nuovo 4-3-3. Quando la Juve passava a questo sistema con Allegri a partita in corso, non era mai tanto slanciata e istintiva. Mai così libera di offendere. E badate, questo non è l’elogio opportunista del monterismo, che naturalmente non esiste. Non voglio usare Montero come una clava sulla testa di Allegri.

Però, che diamine!

Si può avere il DNA bianconero e mettere al primo posto Thiago Motta in conferenza stampa per il calcio espresso durante l’anno. Si può avere il DNA bianconero e giocare con Yildiz e Chiesa e un 4-3-3 finalmente reale e non storto. Si possono mettere Weah e Iling-Junior a fare i terzini di una difesa a quattro e chiedere a Bremer di uscire forte in pressione come faceva nel Toro. Per riassumere il concetto: si può togliere Gatti per Yildiz…

Nella gallery tattica cercheremo di capire quali sono state le mosse sagge e al tempo stesso audaci di Montero per rialzare una Signora all’apparenza depressa e inconsolabile, in realtà soltanto vogliosa di ripensarsi libera.