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Fabio Miretti si è raccontato a Dazn, nel format PiedixTerra. Ecco le sue parole:

CALCIATORE – "Quando ho iniziato a giocare a calcio era il mio sogno, non c’è stato un momento preciso. Quando sono entrato alla Juve ero un bambino, ho sempre dato per scontato il contrato e che avrei dovuto studiare per avere un futuro".

L'ESTATE - "Ha chiuso una stagione impegnativa, l'u21, poi l'u19 e dopo l’Europeo c’è stata la maturità e fino al 10 luglio ero impegnato a scuola. La cosa più difficile? La maturità, a calcio non ho problemi, a scuola..."

L'ESORDIO - "La situazione a centrocampo era corta, io però non pensavo di giocare titolare".

SPOGLIATOIO – "L'entrare nello spogliatoio della Juve, dopo aver fatto tutto il percorso, essendo tifoso, mi ha fatto molto effetto. L’esordio non è paragonabile, però ci sono una serie di cose che fanno capire dove sei arrivato. Lo spogliatoio, allenarsi con loro, le trasferte e poi giocare con loro".

LINGUE - "Con l'inglese me la cavo, lo spagnolo non lo so parlare". 

CHICO - "Il mio soprannome fin da bambino. Quando giocavo al Cuneo eravamo tre o quattro Fabio. Ero piccolo e mio padre voleva incitarmi, ma non capivo si riferisse a me da fuori. Poi dopo un torneo vinto siamo andati a cena da un amico che aveva una maglia di questo Chico. Dopo questa serata mio papà ha iniziato a chiamarmi così, poi anche tutti i miei amici e tutti gli altri. In spogliatoio no"

VIAGGIO A LONDRA - "Ero in vacanza con i miei genitori a Londra. Li stressavo i miei genitori che volevo andare a vedere gli stadi, tra una cosa e l’altra l'abbiamo fatto. E allo stadio del Chelsea siamo passati in sala conferenze e allora i miei genitori mi hanno detto di fingere che fosse una vera conferenza. Mia sorella mi faceva le domande, io facevo finta di avere il traduttore e rispondevo in italiano".

 LEADER – "Entrare alla Juve così giovane, facendo tutta la trafila, ti fa maturare più in fretta. Però è anche una cosa caratteriale, da quando sono bambino sono sempre stato un leader in squadra. Poi sono stato capitano per parecchi anni a livello giovanile, è una cosa che ho dentro".

TIMIDO O NO? – "Mi sono calmato negli ultimi anni, da ragazzino ero più testa calda. Sono timido a primo impatto, poi mi smollo quando trovo confidenza".

IL GOL - "E' una cosa che ho sempre avuto nelle giovanili".

QUALITA’ – "Me ne accorgo perchè un po’ di anni fa mi ha allenato Giovanni Valenti. Lui è stato il mister che mi ha fatto capire quanto fossero importanti cose scontate come l’orientamento o lavorare in spazi con tanto pressing. Me lo porto dietro da qualche anno".

SALUZZO – "Sono anche un po’ fighetti lì, ma io sono un po’ più tamarro anche se non si vede".

FIDANZATA - "Quando ci siamo messi insieme non avevo l’orecchino ma lei approva. Stiamo insieme da ormai tre anni. Siamo molto uniti, ci siamo sempre visti tanto".

CONVITTO - "Il passaggio dal convitto mi ha cambiato la vita, dall’essere servito e riverito sto imparando ad aggiustarmi. E’ una cosa che ho sempre voluto fare comunque". 

IDOLI - "Il mio idolo da bambino era Nedved, non so perché in realtà. Ero piccolino, guardavo la Juve e mi piaceva: non come può piacermi adesso De Bruyne, mi piaceva perché faceva goal. Volevo farmi crescere i capelli come lui, li portavo a caschetto. Ora il mio punto di riferimento è De Bruyne: di lui mi piacciono la visione e il modo con cui passa la palla, oltre a vedere le cose sa come farti arrivare il pallone, è qualcosa su cui so di dover migliorare e per quello mi ispiro a lui".

MODELLO MARCHISIO - "L'ho visto per la prima volta davanti ad una pizzeria a Torino, l'anno scorso. Abbiamo parlato un po' e mi ha scritto qualche messaggio dopo la Youth League. E' un punto di riferimento perché, quando sono arrivato al settore giovanile della Juve, tutti dicevano: 'Sono più quelli che non ce la fanno rispetto a chi ce la fa, guarda Marchisio'. Io ce l'ho fatta in questo mini percorso, dal settore giovanile alla prima squadra, adesso però arriva il difficile".

GIOVANI - "Secondo me non è vero che i giovani in Italia giocano poco. Adesso ho avuto un po' di spazio in più io, sta giocando Scalvini che è della mia stessa età. Forse all'estero hanno meno paura a buttarli dentro, però poi quello che giudica è sempre il campo. Scalvini mi piace, abbiamo sempre giocato contro nei campionati giovanili e insieme in Nazionale, è molto forte".

VINCERE - "Indipendentemente dal periodo, noi giocatori dobbiamo fare il massimo per vincere. E' una questione di responsabilità e attaccamento alla maglia. Sappiamo che gli infortunati ci potrebbero dare una mano, però quelli che vanno in campo hanno una responsabilità a prescindere dagli assenti. Siamo la Juve e dobbiamo vincere. Sono 'gobbo' da cima a fondo, lo sono sempre stato".