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Chi segna oltre a Vlahovic e Chiesa? Questa la grande domanda alla vigilia di Juve-Torino. Legittima, visto che dei 12 gol realizzati fino al derby, 8 erano stati dei due attaccanti, a cui si aggiungevano un autogol e le reti di Danilo, Rabiot e Milik. Ecco, Milik, appunto, che nelle prime cinque partite aveva giocato solo 63 minuti. Non semplice per un attaccante che nella passata stagione, anche per i tanti infortuni nel reparto offensivo, era stato soprattutto nella prima parte tra i più utilizzati.  

Entra nel secondo tempo e cambia la partita, perché la Juve aveva bisogno di un altro attaccante accanto a Kean, troppo isolato nei primi 45 minuti. Ma non di un attaccante qualsiasi. Di uno che sapesse far salire la squadra e giocare spalle alla porta. Compiti che nessuno alla Juve fa meglio di Arek. Non solo quello, perché Milik ha trovato anche il gol del 2-0 che ha di fatto chiuso la partita. Il secondo consecutivo dopo quello con il Lecce, ancora più decisivo. La risposta alla domanda iniziale ce l'abbiamo,  ci pensa il polacco a segnare se non ci sono Vlahovic e Chiesa. 

Il messaggio per Allegri è doppio. Da una parte, Milik ha dimostrato di riuscire ad essere mentalmente dentro una stagione così particolare, senza coppe e senza quindi tante occasioni per le "alternative" di giocare. Un segnale tutt'altro che scontato e che può essere ampliato a tutta la squadra. Dall'altra, il derby vinto con il Torino è la dimostrazione che se in alcune zone del campo qualche dubbio sulla qualità e sulla profondità della rosa è lecito averla, in attacco la questione cambia. Milik e Kean come riserve sono un lusso che non tante squadre hanno, anzi, Considerando anche gli impegni ridotti rispetto alle rivali, il reparto offensivo, almeno a livello di nomi e soluzioni, non ha nulla da invidiare a Inter, Milan o Napoli.