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Arek Milik ha rilasciato una lunga intervista a Gazzetta.it: "Sono diventato un po’ come voi, è naturale con tutto il tempo che ho passato qui. Sto mangiando come voi, mi vesto molto meglio. E poi la mentalità: prima ero più fissato, troppo schematico, adesso so prendere le cose con calma". Di seguito l'intervista completa dell'attaccante della Juventus.
 

Milik, l'intervista alla Gazzetta


LE RIVALITA' - "Tra Nord e Sud ci sono gli sfottò come da voi, noi del Sud (è di Tychy, al confine con la Slovacchia; ndr) siamo più caldi, quelli di Varsavia, come Szczesny, sono un po’ più fighetti… Posso dirglielo perché è mio amico..."

DA BAMBINO - "Non ero timido, ma sapevo stare al mio posto. La cultura familiare era parecchio diversa, sapevo che se non fossi stato al mio posto qualcosa avrei rischiato, adesso tra genitori e figli c’è tutt’altro dialogo". 

A SCUOLA - "Ero tranquillo, facevo quello che dovevo fare, ma l’unico obiettivo che avevo in testa era un altro: andare a giocare a calcio. A scuola puntavo soltanto ad arrivare in fondo. Quando ero lì, pensavo a quando sarei andato ad allenarmi".

IDOLO RONALDO - "Nel calcio, Thierry Henry e Cristiano Ronaldo. A inizio carriera mi capitava di giocare esterno e così guardavo gli skill di Cr7 su Youtube. Mi ispiravano veramente. Infatti poi andavo al campo e cercavo di imitarlo. E guardavo i suoi addominali, li avrei voluti anch’io, per riuscirci mi mettevo a farli anche alle 11 e mezza di sera... Un altro sportivo che mi ho ammirato è Kobe Bryant, per la sua mentalità".

L'ISPIRAZIONE - " All’epoca nel mio Paese nessuno giocava all’estero ad alti livelli, non c’era un simbolo che potesse rappresentare un’ispirazione per i giovani. E così noi ragazzini cercavamo di trovarne uno tra Real Madrid, Barcellona, Manchester United, Juve…". 

IL GOL INDIMENTICABILE DA RAGAZZO - "Da centrocampo, appena iniziata la partita mi passano la palla, tiro, gol. C’era il vento, ma avrei segnato comunque. Avevo 14 anni".

QUANDO HA CAPITO DI DIVENTARE CALCIATORE - "Avevo sì un sogno che nel tempo è diventato un obiettivo, ma quando ho capito che avrei voluto fare il calciatore praticamente lo ero già diventato. A 14-16 anni c’era giusto l’ambizione di poter arrivare alla prima serie polacca, anche perché tutti all’accademia continuavano a ripetermi che ero un po’ speciale". 

LA GRANDE DELUSIONE DEL PASSATO - "Nell’ultima partita giocata con l’accademia. Stavo per passare al Gornik (avrebbe debuttato in Ekstraklasa, la massima serie, a 17 anni; ndr). Era una sorta di Final Four, nell’ultima gara dovevamo vincere per ottenere il primo posto. Avanti 3-0 alla fine del primo tempo, abbiamo perso 4-3. Ricordo che nello spogliatoio, poi, piansi".

SEGUITO DA UN MENTAL COACH - "Non credo di scoprire niente di nuovo se dico che nella vita ognuno di noi deve avere un obiettivo. Grazie a questo, la motivazione viene da sola. Così si tolgono tutte le distrazioni e si punta su quello. Non vale soltanto per lo sport, vale in qualsiasi ambito". 

CRESCITA - "Col tempo, grazie all’esperienza, vedo le cose in modo diverso, prima provavo delle emozioni che poi mi portavano a ripensare per esempio agli errori commessi. Adesso succede meno, grazie all’età e al lavoro mentale che sto facendo".