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Dal Sánchez-Pizjuán di Siviglia arriva un messaggio che per la Juventus suona come una conferma: questo Atlético Madrid si può e si deve battere. E’ innegabile che il sorteggio di Nyon dello scorso dicembre abbia offerto ai bianconeri uno degli avversari più complicati (insieme al Liverpool) per gli ottavi di finale di Champions League. Altrettanto evidenti, però, sono i limiti della squadra di Diego Simeone, a maggior ragione se confrontata con quella di Max Allegri.


LA FORMAZIONE DELL'ATLÉTICO - La sfida contro il Siviglia rappresentava un’opportunità imperdibile per i Colchoneros, che con una vittoria avrebbero momentaneamente raggiunto il Barcellona in testa alla classifica della Liga. Per l’occasione, Simeone ha scombinato di nuovo le carte: spazio a Juanfran titolare sulla fascia destra (per la prima volta dallo scorso 6 novembre), con la conferma della coppia centrale Godín-Savic e Saúl Ñíguez a sinistra: senza l’infortunato Filipe Luís, il classe ’94 spagnolo sembra offrire maggiore garanzie al Cholo nel ruolo di esterno basso. A centrocampo spazio a Partey-Rodrigo-Koke-Lemar, con Kalinic relegato in panchina e Correa scelto per affiancare l’insostituibile Griezmann in attacco.


DOMINIO SIVIGLIA - A prendere in mano la partita, però, sono stati i rojiblancos di Machín. Il dominio del Siviglia va oltre il clamoroso palo colto da André Silva al 36’ e al successivo gol del vantaggio firmato da Ben Yedder: con il 55,4% del possesso palla e 419 passaggi completati (contro i 327 degli avversari), i padroni di casa hanno a tratti schiacciato l’Atlético. Poi, in mezzo alla sofferenza, ecco il lampo di Griezmann su punizione a sancire l’1-1 prima dell’intervallo. Beffa terribile per il popolo del Sánchez-Pizjuán e segnale alla Juve in vista del match del 20 febbraio al Wanda Metropolitano: questa squadra è fra le migliori in Europa nello sfruttare le poche, pochissime occasioni a sua disposizione, soprattutto su palla inattiva (e qui lo sguardo è puntato, oltre che sul mancino del Piccolo Diavolo, sulla testa di Godín). Anche nel secondo tempo l’Atlético è stato costretto spesso a difendere nella propria area, ma a parte un brivido causato da un errore in disimpegno di Juanfran, i pericoli si sono dimezzati per la porta dell’ottimo Oblak.



SI BATTONO COSÌ - Che Allegri e Simeone giochino "allo stesso modo" è un luogo comune che sfiora la banalizzazione. La verità è che la Juve vista fin qui in Champions League - anche nelle sfide perse in casa contro lo United e in trasferta contro lo Young Boys - non ha avvicinato minimamente l’idea di calcio speculativo del Cholo. L’Atlético accetta a più riprese di rintanarsi negli ultimi 20 metri, per poi sfoderare i suddetti colpi da fermo: Simeone non ha mai proposto la medesima formazione in questa prima parte di stagione, ma la predisposizione tattica dei Colchoneros rimane comunque invariata (ed è destinata a rimanere tale anche con il rientro di Diego Costa). Al contrario, la Signora europea fin dalla trasferta di Valencia - e in quell'occasione addirittura in inferiorità numerica - ha dimostrato di sentirsi maggiormente a proprio agio con la palla tra i piedi. Insomma, serve la Juve di Manchester per espugnare il Wanda Metropolitano, con un necessario miglioramento che riguarda l’efficacia offensiva: tra le squadre arrivate prime nel proprio girone, quella di Allegri ha infatti il peggior attacco (appena 9 gol messi a segno). Un bottino magro, per chi può vantare la presenza di Cristiano Ronaldo. Approfittare dei limiti dell'Atlético e non evidenziare i propri - Bonucci in particolare sarà chiamato ad una prestazione senza macchie in fase di marcature - è la chiave per i quarti. Si può. Si deve. 

@mcarapex