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Le ipotesi a raffica, compagne elette di ogni calciomercato, raddoppiano se si tratta della Juventus. E c'è una certa logica. Fra le squadre di serie A è quella con l'imperativo più stringente: cambiare di più. Prima di tutto deve tagliare, disboscare e piantare. Le altre, al massimo, hanno bisogno di qualche innesto e di rasare il prato. In più, e ben venga, i bianconeri devono operare in discontinuità, con la sola, rilevante, eccezione della permanenza di Allegri, rispetto al passato. Nuovi assetti societari, nuova area tecnica (rimane Cherubini, ma più defilato grazie allo spirito di servizio dimostrato). Cambia anche l'assistente dell'allenatore.
Variano anche i cordoni della borsa. Assai più stretti rispetto a prima: bisogna vendere prima di comprare. Solo che non è così facile. Per questo - si dice - è necessario cedere almeno uno tra Bremer, Vlahovic o Chiesa e rassegnarci al fatto che il sostituto non sempre sarà all'altezza, perchè magari vendendone uno ne compri due. Forse non eccelsi. Per esempio, al posto del serbo si parla di Scamacca. Bisogna anche considerare che nessuno pare disposto a fare sacrifici considerevoli per chi non ha disputato una grande stagione. Quella di Bremer si potrebbe definire, al massimo, buona. Quelle degli altri due no.
Particolarmente difficile il disboscamento. Chi lo vuole Arthur? Un giocatore che in questi anni si è soprattutto distinto, un paio di giorni fa, con una battuta a metà tra Shakespeare e i fratelli De Rege: “Questo - ha detto - è il mio miglior periodo calcistico”. E, in effetti, il tasso di genialità tragicomica è assai elevato. Non si capisce se sia un ottimo periodo perché, ovunque vada, non gioca mai, ma percepisce un lauto stipendio; oppure sia un gran bene per il calcio in genere perché, appunto, non gioca mai. L'altro esubero conclamato, Zakaria, non ha avuto tempo per far vedere qualcosa. E' vero, ha giocato poco anche nel Chelsea, ma alla Juve volevano trasformare uno che sgroppa in verticale, dotato anche di un discreto tiro, in una specie di ragioniere difensivo. 
Poi c'è l'enigma Pogba. Va o non va? Per chi scrive potrebbe tranquillamente entrare nel cast dei kolossal di moda in questi giorni: “Campi del tramonto” o “I campioni vanno a morire in Arabia”. Bonucci ai titoli di coda fa un po' tristezza, ma i film, belli o brutti, hanno sempre una fine. Talvolta, anzi, sono un po' “tirati in lungo”.
E, mentre la Juventus si affatica a far ordine, le altre comprano. Per esempio: Frattesi, un centrocampista che le sarebbe servito come il pane, oppure Parisi, più convincente di Cambiaso e Pellegrini insieme, destinato ad altri lidi. Intanto per racimolare, giustamente, un po' di soldi si procede anche con la Next Generation e le categorie più giovani da cui parecchi giocatori stanno emigrando verso altri lidi. Insomma, si gioca su parecchi tavoli, mentre l'unica (piccola) certezza è alle porte. Ovvero la tournée americana, sciagurata come tutte le esibizioni fuori luogo e fuori tempo. 
Invece che lavorare e concentrarsi in montagna si va in giro tra calori e spostamenti micidiali per gli Stati Uniti. Perchè? Per qualche dollaro e qualche maglietta in più, in cambio d'un inizio di campionato problematico, per non dir peggio.