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Al sito ufficiale della Juventus, Alessandro Matri parla così della prossima finale di Coppa Italia.

FINALE - "I ricordi sono tanti perchè era pur sempre una finale, per di più in un anno magico dove eravamo riusciti a raggiungere anche l'atto conclusivo della Champions League. Tornando alla Coppa Italia, venivamo da una doppia sfida molto tosta contro la Fiorentina che ci aveva battuto in casa all'andata grazie alla doppietta di Salah, ma noi eravamo stati bravissimi a ribaltare il risultato a Firenze vincendo 0-3".

CON LA LAZIO - "La finale vinta contro la Lazio è un bellissimo ricordo perchè io ero tornato alla Juventus nella finestra invernale di mercato, nel gennaio 2015, e una delle mie intenzioni era proprio quella di lasciare il segno, di riuscire a incidere con i miei gol. Il gruppo lo conoscevo già ed era un gruppo molto affiatato. La partita e la rete sono un ricordo indelebile. Non mi era mai capitato di segnare in una finale e devo dire che l'emozione è stata enorme. In quella partita io sono subentrato dalla panchina, prendendo il posto di Nando (Fernando Llorente, ndr), ed ero riuscito anche a segnare una rete nei tempi regolamentari prima che venisse annullata. Diciamo che poi ho cercato in tutti i modi di segnarne un'altra nei supplementari e quando ci sono riuscito è stata una vera e propria liberazione. È stato probabilmente un segno del destino, anche perchè prima del mio gol Djordjevic aveva colpito un doppio palo clamoroso. È stata una bella esplosione di gioia quando la mia conclusione è entrata in porta. Al triplice fischio, poi, sono iniziati i festeggiamenti e ricordo ancora che è venuto a congratularsi con noi l'allora Presidente Andrea Agnelli e, abbracciandomi, mi ha ringraziato per il gol segnato e mi ha detto che quello era il trofeo al quale teneva di più suo papà. Quelle parole non le dimenticherò mai. Sono ricordi bellissimi che porterò per sempre con me".

VINCERE - "Penso che la Coppa Italia sia un trofeo importante, come gli altri. Ho avuto la sensazione che questa competizione fosse tornata ad avere un certo rilievo per la Juventus nel momento in cui per qualche anno ha raggiunto la semifinale e in qualche caso anche la finale. Chiaramente, poi, quella che abbiamo vinto nel 2015 contro la Lazio, la decima, ha alzato ulteriormente il livello di importanza del torneo per la Juventus e, di riflesso, ha portato anche le altre squadre a giocarla con più stimoli e con il desiderio di volerla vincere. Vincere un trofeo è un'opportunità, sempre, a maggior ragione se ti permette di qualificarti per una competizione europea".

TENSIONE - "L'avvicinamento a quella finale lo abbiamo vissuto bene, con la giusta serenità. In quel gruppo c'era la consapevolezza di essere una squadra di qualità. Poi, chiaramente, ognuno l'ha vissuta a modo suo. Quando parlo di serenità intendo quella di tutto il gruppo, poi ogni giocatore si è avvicinato a quella partita con il proprio stato d'animo. Io, per esempio, sono sempre stato un po' teso prima di ogni partita, per di più per me era la prima finale e, come ho detto, vivevo sempre con un po' di pressione l'avvicinamento alle partite. Serve sempre avere la giusta tensione, io a volte, forse, le vivevo con troppa tensione (ride, ndr)".

IL GOL DECISIVO - "Il gol me lo ricordo bene. L'azione è partita da Andrea (Pirlo, ndr). Io sapevo di dover attaccare la profondità e lui sapeva che io l'avrei attaccata. Il lancio, come sempre, è stato perfetto. Ricordo che non ho controllato benissimo il pallone, ma fortunatamente è rimasto lì, in zona, e Tevez ha provato a calciare andando a contrasto con un difensore della Lazio. A quel punto mi sono ritrovato la sfera sul destro e ho calciato verso la porta, neanche troppo bene (ride, ndr), ma sono riuscito a segnare un gol che si è rivelato importantissimo. Il primo ad abbracciarmi è stato Barza (Andrea Barzagli, ndr), ma poi sono stato sommerso da tutti i miei compagni. È stata una sensazione bellissima. Segnare un gol, per di più da subentrato, è stata davvero una gioia enorme per me. Diciamo che cercare di incidere a gara in corso è sempre stata una delle mie caratteristiche migliori. Mi piaceva molto entrare a gara in corso per provare a incidere, era uno stimolo in più per fare bene quando venivo chiamato in causa. Era anche un modo per mettere in difficoltà gli allenatori che decidevano di non schierarmi titolare (ride, ndr). Tra l'altro, in quel caso specifico, se Morata non fosse stato squalificato probabilmente non sarei entrato in quella finale perchè dall'inizio sarebbero partiti Alvaro e Tevez e, probabilmente, sarebbe toccato a Llorente subentrare a gara in corso. Il destino, invece, ha voluto che Alvaro fosse squalificato per quella gara".

IL RITORNO - "Penso che tornare in una squadra dove hai già giocato non sia mai semplice. Io, però, ero convintissimo della scelta di rientrare alla Juventus perchè sapevo che avrei trovato un gruppo forte, formato da amici prima che da compagni. Si era creato un bellissimo gruppo che, per me, è stato il vero valore aggiunto di quella rosa. C'erano ruoli ben definiti e non è mai semplice averli, soprattutto in grandi club, come la Juventus".

RAPPORTO PARTICOLARE - "Il mio rapporto con il gol alla Juventus è stato molto particolare, anche perché sapevo che o segnavo oppure non avrei giocato - quindi ti lascio immaginare… (ride, ndr). Ci sono dei gol a cui sono particolarmente affezionato, oltre a quello in finale di Coppa Italia: contro l’Inter a San Siro nei primi mesi alla Juventus, oppure quello nel match contro il Milan nella famoso match del “gol di Muntari”. In quei casi l’atmosfera dello stadio, l’ambiente: sono emozioni che raramente rivivi, c’è lo Scudetto in palio, segni una rete del genere fuori casa. Sono tanti i ricordi a cui sono affezionato, ma se devo fare una classifica metto: Lazio in finale di Coppa Italia, Milan nel febbraio 2012 e Inter 2011".

ALLENATORE - "Come si batte l’Atalanta? Beh, in molti hanno provato a descrivere quella sensazione, c’è chi ha parlato di una seduta dal dentista ad esempio. Come vedi, non ho fatto l’allenatore… (ride, ndr). La lettura della partita è la cosa più difficile, ci sono più momenti in una stessa gara: l’Atalanta è cambiata nel corso del tempo, prima era tutto uomo contro uomo andando a prendere alti gli avversari, ora lo fa con un baricentro più basso. Questa è una delle tante forze di un gruppo che riesce a giocare ad altissima intensità e che nello scontro fisico non è seconda a nessuno. Per superare l’Atalanta si può pensare di vincere attraverso la giocata di un singolo - la Juventus ha giocatori importanti che possono incidere; sicuramente poi sfruttando l’organizzazione difensiva, una caratteristica che la Juventus ha nel DNA, quella di saper soffrire. È una delle avversarie più complicate che potessero capitare alla Juventus, questo è certo".

ABITUDINE - "Per le squadre come Juventus, Inter, Milan, abituate alle competizioni europee, non è un vantaggio scendere in campo solo una volta alla settimana - come si è più volte sottolineato quest’anno. Sono gruppi non abituati a preparare un match per sette giorni, rischi che il livello di attenzione si abbassi perché i giocatori hanno altri ritmi, tengono sempre alta la tensione. Mi viene da pensare a quanto successo contro l’Empoli a gennaio: dopo quella sfida la Juventus ha avuto un’intera settimana prima della gara contro l'Inter e nella testa dei giocatori c’è stato tutto il tempo di pensare all’occasione mancata di arrivare allo scontro diretto virtualmente avanti, invece avendo solo tre giorni pensi solo alla partita e non a quello che è successo. Avendo solo un impegno a settimana è diverso: l’umore di quelli in panchina lo percepisci, i fastidi, le incomprensioni. Si innescano tante dinamiche che spostano il focus dalla partita".



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