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Pierpaolo Marino, ex dirigente italiano e grande amico di Beppe Marotta, ha parlato in un'intervista a Tuttosport dell'addio dell'amministratore delegato alla Juventus:
 
"La Juventus perde la sua esperienza, la sua autorevolezza, il suo carisma e anche un’importante capacità manageriale, data dal fatto di aver conosciuto tutte le fasi e i periodi del calcio negli ultimi 40 anni. E’ un manager antico che si è sempre aggiornato: unisce esperienza e modernità nella pratica quotidiana. Ed è un manager a tutto campo e un grande comunicatore". 
 
Perde parecchio, insomma. 
«Magari non subito, ma quelle sono figure dirigenziale che rimpiangi anche di più dopo un po’ di tempo, quando ti rendi conto del loro valore aggiunto. Detto ciò, la Juventus può sostituire qualsiasi giocatore, qualsiasi allenatore e quindi anche qualsiasi manager. E’ la Juventus». 
 
Perché, secondo lei, si sono separate le strade del club e di Marotta? 
«Credo che l’uscita di Marotta sia dovuta a un fisilogico logorio nei rapporti con la presidenza. Una figura così autorevole, un dirigente a tutto campo, finisce per avocare a sé molto potere e stabilire un rapporto con la proprietà anche paritetico, ma certamente destinato a logorarsi. E’ una situazione naturale, a me è capitato varie volte: difficile che il rapporto possa durare più di sei/sette anni, anche se si raggiungono risultati. E quelli della Juventus negli ultimi anni sono stati eccellenti». 
 
Paratici ha un’eredità pesante. 
«Ma è bravo. E’ un tecnico, bravissimo e applicatissimo. Un perfezionista nella ricerca dei talenti e dei giocatori, ma abile anche nell’impostazione iniziale delle trattative. Negli ultimi tempi lo ha fatto tante volte e bene. Ha un vantaggio: ha vissuto fianco a fianco con Marotta negli ultimi 15 anni e siccome è una persona di alto livello culturale, che ho potuto apprezzare di persona, avrà sicuramente assorbito tanto dal suo maestro, come fanno di solito le persone intelligenti». 
 
La Juventus, quindi, non sentirà la nostalgia di Marotta? 
«Paratici rende la sostituzione indolore perché va nel segno della continuità. Ha assorbito gli insegnamenti di Marotta e ora li può estrinsecare. Anzi, potrà fare interagire le sue caratteristiche con quelle che ha imparato con Beppe. Un’evoluzione di dirigente molto interessante fra metodi classici e modernità. D’altra parte tutte le volte che ho trattato con Marotta c’era sempre Paratici con lui». 
 
Tecnicamente Marotta non è stato sostituito da Agnelli: è un po’ come quando Allegri perse Pirlo e disse: «Inutile cercarne uno come lui, meglio cambiare il sistema di gioco»? 
«Il paragone è suggestivo, ma le scrivanie sono diverse dal campo. Credo comunque che sia una mossa intelligente e progettata nel tempo, data la presenza di manager così autorevole che reclamavano autonomia. Quindi la sostituzione più logica è nella crescita dei personaggi che in qualche modo potevano essere messi in ombra da Marotta o si sovrapponevano con lui». 
 
Pavel Nedved avrà sicuramente più spazio, cosa pensa degli ex calciatori diventati dirigenti? 
«Ci sono ex calciatori eccellenti manager e altri meno efficaci. Per me il bagaglio culturale aiuta: bisogna completare almeno una parte degli studi durante la carriera per riuscire meglio negli incarichi da scrivania. E poi ci vuole umiltà per affrontare la vita aziendale, se si vive con la prepotenza del campo si rischia di creare attriti, ripeto: gli uffici sono diversi. Bisogna essere carismatici, ma anche umili e preparati sull’ingegneria aziendale. Insomma, non è facile. Nedved è tanto che opera nella Juventus, tutte queste cose le avrà sicuramente capite. E poi nella Juventus può godere dell’aiuto di Agnelli che può supportarlo negli aspetti in cui può essere carente». 
 
I tifosi della Juventus discutono animatamente: c’è chi sostiene che quello bravo è Paratici, quindi la Juventus non subirà contraccolpi, e chi sostiene che senza Marotta, Paratici rischia di affondare. Chi ha ragione? 
«Nessuno! (ride) Conosco entrambi da tanto tempo. Marotta dalla notte dei tempi, Paratici da molti anni. E non c’è uno buono e l’altro no. Va via un pezzo buono di Juventus e ne rimane uno altrettanto buono. Oltretutto non tutti gli incarichi di Marotta ricadranno su Paratici. Paratici sta portando avanti una giusta crescita, ha le caratteristiche per fare quello che dovrà fare e probabilmente lo farà in modo diverso da Marotta, non credo che sia una questione di migliore o peggiore». 
 
Marotta porterà all’Inter molti progetti di mercato che ha condiviso nella Juventus: si creeranno feroci duelli di mercato? 
«Marotta sarà un concorrente scomodo per la Juventus, innanzitutto perché il suo know how sulla crescita della società può essere applicato all’Inter, perché ci sono delle analogie come la solidità economica della proprietà, la voglia di crescere e un presidente giovane che ha voglia di assorbire da Marotta. Ma per contro Paratici conosce bene le tecniche di Marotta nelle trattative, quindi anche lui avrà un vantaggio potendo prevedere certe mosse. Alla fine nessuno ha un vantaggio in più». 
 
Funzionerà Marotta nell’Inter?
«Dipende se tutte le componenti si metteranno a disposizione e dall’autonomia che gli verrà concessa dalla proprietà. Andrea Agnelli è cresciuto negli spogliatoi della Juventus e ha sempre frequentato l’ambiente della Juventus, Zhang non ha quell’esperienza. All’Inter, Marotta avrà bisogno di maggiore autonomia nei confronti della proprietà, ma conosce le dinamiche e saprà come guadagnarsi questi spazi e incidere di più. Alla Juventus aveva un rapporto eccellente con Allegri, lo dovrà ricostruire anche con Spalletti. Il buon rapporto fra manager e allenatore è nevralgico per costruire qualsiasi vittoria».