L’errore sta all’origine. Sta nell’aver spostato il discorso razzismo sul piano del tifo, nell’aver trattato – da parte di tutti -, Lukaku e il suo caso, uno dei tanti, uno dei troppi, come una marionetta da tirare un po’ di qua e un po’ di là a seconda di come facesse comodo per sostenere le proprie tesi da tifosi. In questo contesto si inserisce oggi la decisione di Gravina che sicuramente non va a creare ponti, ma ulteriori divisioni. E anche in questo caso, il tema razzismo passa in secondo piano, se non oltre.
Impossibile, poi, non notare una cosa. Il silenzio totale, o quasi, su diversi episodi di razzismo che hanno impestato il calcio italiano nel recente passato. Che si tratti di Moise Kean o Romelu Lukaku, davvero, poco importa. Rimane solo una cosa da augurarsi, che la giornata di oggi fissi un punto preciso. Che da oggi in poi al primo verso di scimmia o insulto razzista si sospenda la partita, che ci si schieri compatti col il calciatore discriminato. In chi scrive, ad essere sinceri, la convinzione di questo è decisamente poca. E non abbiamo citato i casi degli insulti discriminatori rivolti ai calciatori provenienti dall’est Europa. No, perché in quel caso lo sappiamo bene, la discriminazione contro gli “zingari” è socialmente accettata, se spostata su un campo di calcio derubricata a goliardia.
È quindi un bene che Lukaku ci sarà a San Siro, per Inter-Juventus. Si vada anche oltre il i limiti dell’istituzione della grazia, se è per un buon motivo. L’immagine del calcio italiano è salva di fronte gli occhi di appassionati e stakeholders che osservano dall’estero, evviva. Complotti contro la Juventus? Non ne vediamo. Sicuramente si agirà allo stesso modo in altri casi. No?
Per concludere, a giorni di distanza, la riflessione più lucida sembra ancora essere quella di Danilo: "Il razzismo è un argomento troppo serio per essere trattato in maniera superficiale. Io sono antirazzista e qualsiasi atto di questo genere deve essere duramente condannato".